Proseguiamo con i nostri servizi sul tema della sicurezza e sull’uso della biometria per tutelare l’accesso ai dati.
Dopo aver affrontato il riconoscimento delle impronte digitali, passiamo ai nostri occhi e alla nostra voce. Oggetto di moltissimi film di fantascienza uno dei più studiati sistemi di autenticazione biometrica è l’impronta della retina. Simile nel concetto alla matrice vascolare della mano il concetto si applica però alla profondità dell’occhio, nascondendo ancora di più le informazioni personali dai malintenzionati.
L’occhio umano infatti è composto da vari elementi; la retina è un tessuto composto da cellule neurali localizzata sul fondo dell’occhio e presenta una complessa struttura di capillari necessari per l’ossigenazione di tutti i suoi elementi. Tale struttura, proprio come nella mano, è unica e irripetibile e non cambia mai durante la vita (a meno di gravi patologie oculari). La sua posizione la rende inoltre difficilmente accessibile, tanto da risultare nascosta in ogni frangente se non quando necessaria per l’autenticazione.
Lo strumento necessario per l’identificazione prende il nome di scanner retinico e rappresenta un’apparecchiatura derivata da quella utilizzata in ambito medico per la diagnosi delle malattie. Il funzionamento è semplice: partendo dal presupposto che i vasi sanguigni assorbono la luce infrarossa in maniera leggermente diversa dal tessuto che li circonda è possibile, immettendo una piccola quantità di luce di questo tipo nell’occhio e misurandone l’immagine riflessa. In particolare i vasi sanguigni assorbono maggiormente la luce rispetto al tessuto neurale in cui sono immersi e nell’immagine risultante risultano più scuri. L’immagine risultante, che potete vedere in queste pagine, rappresenta una mappa accurata dell’occhio di una persona (e ogni occhio è differente) e viene analizzata e convertita in un pattern numerico, che viene salvato alla stregua di una password e usato come sistema identificativo.
In maniera simile ai vasi della mano un sistema di riconoscimento di questo tipo è molto sicuro sia dal punto di vista dell’utilizzo sia da quello igienico. Per uno scan retinico non è infatti necessario toccare alcun oggetto, ma basta avvicinare il viso a un lettore apposito. Altri vantaggi sono la scarsissima presenza di falsi positivi, la più bassa tra i sistemi biometrici attualmente in essere e una quasi inesistente casistica di falsi negativi. La velocità di elaborazione è inoltre molto buona in quanto i vasi, come numero, sono minori rispetto a quelli della mano. Di contro c’è che un peggioramento della vista in termini di astigmatismo provoca una variazione della messa a fuoco dei vasi e l’immagine risultante potrebbe essere diversa e falsare i risultati. La comodità non è inoltre tra i punti di forza e i costi sono superiori alla maggior parte degli altri sistemi.
Una curiosità : gli “occhi rossi” che appaiono in molte fotografie sono proprio il risultato della riflessione della luce del flash sul fondo della retina che appare di questo colore per via di una proteina fotosensibile presente nei bastoncelli, il cui colore viene riflesso all’esterno. Nei cani e nei gatti, non essendoci questa proteina ma altre, gli occhi nelle fotografie con flash possono risultare gialli o blu.