Le unità allo stato solido da pochi Gbyte non possono sostituire un disco tradizionale, ma possono affiancarlo. Capienti quanto basta per installare il sistema operativo, garantiscono un incremento netto delle prestazioni dell’intero sistema.
Di Davide Piumetti
La tecnologia di archiviazione allo stato solido, che dovrebbe finalmente rimuovere il maggiore collo di bottiglia presente nei moderni personal computer, è ormai alla portata di tutti. Negli ultimi anni le classiche tecnologie a piatti magnetici rotanti hanno mostrato fin troppe volte limiti fisici prestazionali incompatibili con la continua crescita dei componenti elettronici basati sulla fisica del silicio. Processori, schede grafiche e memorie Ram sono infatti progrediti sempre più velocemente, rendendo inesorabilmente più significativo il peso sulle prestazioni generali di una vecchia tecnologia come quella magnetica dei tradizionali hard disk.
L’arrivo dei primi modelli Ssd basati sulla tecnologia flash ha rappresentato un punto di svolta, anche se in origine tali prodotti avevano capacità molto ridotte, prezzi estremamente elevati e prestazioni non eccezionali. Tre elementi a sfavore che inizialmente hanno preoccupato non poco il mercato, che si aspettava da subito prodotti di alto livello a prezzi accessibili.
Con un paio di generazioni di affinamento tecnologico e due anni di ricerche approfondite i maggiori produttori elettronici hanno però saputo superare due di queste iniziali difficoltà , riuscendo a produrre Ssd con capacità più che adeguate a un utilizzo medio e prestazioni inarrivabili anche per tre/quattro dischi tradizionali operanti in parallelo. A oggi sono infatti in commercio Ssd con capacità superiori a 512 Gbyte e, in alcuni modelli specifici, velocità di trasferimento anche superiori a 1 Gbyte/s. I normali dischi magnetici operano al massimo a un decimo di tale valore.
L’unica limitazione ancora presente in parte fino ad oggi è rappresentata dal prezzo d’acquisto di tali prodotti, ancora poco concorrenziale rispetto ai dischi tradizionali.
Ssd, ieri
In passato si ipotizzava che entro pochi anni gli Ssd avrebbero soppiantato completamente i dischi magnetici, prima integrandosi in essi creando degli ibridi costituiti da entrambe le tecnologie, con una parte flash estremamente veloce e una più lenta e più capiente, poi accelerando il processo e superando la vecchia tecnologia in ogni aspetto.
Questa visione di integrazione della memoria flash e la realizzazione di hard disk ibridi è stata dettata per molto tempo dai maggiori produttori tradizionali, come Seagate e Western Digital, che vedevano in serio pericolo il proprio core business per colpa delle nuove tecnologie. L’idea di integrare la memoria flash nei dischi di scorsa generazione avrebbe permesso loro di mantenere la leadership del mercato indicando personalmente ai consumatori dove dirigere i propri acquisti. Dopo qualche tentativo poco riuscito l’idea generale dei produttori è però venuta meno per colpa di alcune aziende che, vedendo la seria opportunità di nascita di un nuovo mercato, hanno iniziato a produrre e vendere i primi, veri, Ssd. Queste aziende, almeno inizialmente, utilizzavano controller di memoria dalle prestazioni non certo esaltanti per produrre Ssd da 8 a 64 Gbyte con prezzi stratosferici. Il mercato, resosi conto della possibilità concreta di passare direttamente alla tecnologia flash, ha di fatto decretato l’accantonamento dei progetti di dischi ibridi.
I primi modelli Ssd avevano però enormi difetti, sia dal punto di vista prestazionale sia da quello della durata e della resistenza. I produttori hanno avviato campagne di marketing puntando il dito contro le memorie Mlc (Multi Level Cell), indicandole come motivo delle scarse prestazioni e decretandole poco sicure, osannando invece le Slc (Single Level Cell), più veloci, sicure ma soprattutto costose. La differenza tra le due esiste ed è nota, ma il continuo lavoro dei produttori ha portato i consumatori a credere che le Slc valessero molto più delle più comuni Mlc, permettendo ai produttori di vendere i propri prodotti a prezzi sempre più elevati. In realtà per un utilizzo domestico non ci sono differenze significative tra Slc e Mlc se non per il prezzo d’acquisto nettamente a favore di queste ultime.
Dopo un paio di anni di studio e di analisi il mercato è cambiato radicalmente grazie all’ingresso di alcuni attori di indiscusso livello come Intel, Micron, Samsung, Kingston, Ocz e molti altri. Aziende che (ad esclusione di Samsung) prima di allora non avevano mai avuto interesse nel settore dell’archiviazione si sono gettate nel mercato proponendo prodotti di livello ben superiore alla concorrenza generata dai pochi piccoli produttori asiatici.
Le tecnologie avanzate messe in campo da questi produttori hanno permesso ai dischi allo stato solido di fare un vero e proprio salto di qualità , andando finalmente a ricoprire appieno quel ruolo di innovazioni tecnologiche atteso da anni. Intel, con i controller proprietari dei dischi X25 ha innovato drasticamente il settore, permettendo di raggiungere velocità in lettura ben superiori a 250 Mbyte/s.In scrittura i valori espressi restano invece al di sotto dei 100 Mbyte/s, ma con ridotti cali prestazionali passando dal trattamento di file sequenziali a casuali. Altri produttori, come Indilinx, Samsung o SandForce hanno in seguito proposto controller ancora più veloci, in grado di portare dischi da 128 o 256 Gbyte a prestazioni di altissimo livello. La disponibilità reale di Ssd estremamente veloci e capienti, dopo anni o decenni di test teorici e promesse non mantenute, ha scatenato una piccola ondata di entusiasmo che ha portato all’idea che entro poco tempo la tecnologia elettronica degli Ssd avrebbe realizzato prodotti con capacità paragonabile ai dischi magnetici con prezzi accessibili. Dopo il fervore iniziale si è però intuito come una crescita esponenziale della capacità e una contestuale riduzione dei costi non sia ancora possibile, per arrivare a uno scenario in cui la sola tecnologia flash basterà a soddisfare i bisogni di capacità e prestazioni dovranno passare ancora alcune generazioni di prodotti. Per questi motivi lo scenario proprio del settore dell’archiviazione, dopo aver subito più di un cambiamento di rotta nel giro di pochi anni, sembra aver finalmente intrapreso una strada che porterà la tecnologia flash a disposizione di tutti. Per gradi e senza spese eccessive sta nascendo il futuro dell’archiviazione.
(Estratto dall’articolo pubblicato sul numero 231, in edicola dal 28 maggio)