Il punto cruciale è che i programmi e molte parti del sistema operativo non tengono in minima considerazione il metodo di scrittura degli Ssd e, in molti casi ci sono dei processi molto utilizzati, studiati per il mondo dello storage magnetico, che possono ridurre sia le prestazioni sia l’aspettativa di vita di un Ssd. In questa prima parte vedremo quali sono tali programmi e funzioni e come possiamo disabilitarle in modo da limitare il loro contributo nel deterioramento del disco Ssd, evitando anche sprechi computazionali e rendendo anche il sistema più reattivo.
Eliminare il defrag
La frammentazione dei dati in un disco allo stato solido non è un problema come lo era invece per i dischi magnetici. La lettura e scrittura parallela da più celle di memoria rende la frammentazione dei dati una cosa quasi inevitabile dal punto di vista fisico ma ininfluente da quello funzionale. Il problema è però che molti sistemi operativi hanno abilitato di default il processo di defrag, che agisce continuamente sul disco e può portare sia a un peggioramento delle prestazioni sia a un consumo eccessivo del disco, con numerosissime piccole scritture che contribuiscono al deterioramento del prodotto.
Un defrag continuato, utilizzando sia lo strumento di default del sistema operativo sia qualche altro strumento software dedicato, non comporta dunque alcun miglioramento, ma rischia di ridurre drasticamente la vita di un Ssd. Un defrag settimanale sull’intero disco può tranquillamente dimezzare la vita presunta del dispositivo.
Per disabilitare il defrag programmato in ambiente Windows è sufficiente aprire, dal menu Start – Accessori – Utilità di sistema – Utilità di deframmentazione dischi e verificare immediatamente lo stato della situazione. I dischi presentati indicano quando è stata eseguita l’ultima deframmentazione (e la percentuale di frammentazione del disco).
Per disabilitarla sui dischi allo stato solido è necessario selezionare Configura pianificazione e Seleziona dischi, dove si può rimuovere la spunta al modello allo stato solido per evitare continue (e inutili) riscritture dei dati.
Il file system HSF+ utilizzato da Apple per il suo OS X è invece strutturato in modo tale che il defrag non sia necessario e quindi non esiste in maniera automatica su tali sistemi. Da questo punto vista, per gli utenti Mac, non c’è assolutamente nulla da fare.
Disabilitare l’indicizzazione disco
Questa caratteristica, propria dei sistemi Windows, permette ricerche molto più rapide quando si utilizza un disco magnetico tradizionale, mentre non aiuta per nulla gli Ssd facendo per giunta molte piccole scritture in varie porzioni del disco che risultano a lungo termine deleterie.
Per disabilitare l’indicizzazione è possibile agire in due modi: direttamente nelle proprietà del volume considerato “Consenti l’indicizzazione del contenuto e delle proprietà dei file di questa unità ” va disabilitato a priori. Se volete maggiori certezze è inoltre possibile disabilitare il servizio direttamente tramite il configuratore dei servizi. Dal prompt digitate “services.msc” e cercate il servizio “Windows Search”. Stoppate il servizio e nella voce “Tipo di avvio” selezionate “Disabilitato”. Questo preverrà che Windows faccia continue letture e piccole scritture su tutto il disco, andando a generare una piccola quantità di dati che si tramuta però in vaste riscritture delle celle di un Ssd.
Per i sistemi basati su OS X l’indicizzazione viene eseguita da Spotlight. In questo caso abbiamo due possibilità complementari in base alle esigenze del singolo utente. La prima è disabilitare completamente il servizio di indexing tramite la riga di comando: sudo mdutil -a -i off, mentre la seconda prevede, tramite le preferenze del software (Preferenze di sistema – Spotlight – Privacy) di escludere determinate cartelle dall’indicizzazione, in modo da rimuovere quelle usate più di frequente che portano al maggior numero di lettura e scritture su disco da parte del servizio.