Ieri sera al Pirellone era presente quasi tutto il gotha delle telecomunicazioni italiane alla presentazione del libro di Valerio Castronovo e Giovanni Paoloni, “Fastweb 1999-2009. storia di un’impresa innovativa”. Un decennio, quello che ha segnato lo sviluppo di Fastweb, che è stato anche di grande eccellenza per l’industria italiana delle tlc.
In quegli anni- come ha ricordato Francesco Caio, nella tavola rotonda moderata dal direttore del Corriere della Sera Ferruccio De Bortoli, l’Italia era ai primi posti in Europa nello sviluppo dei servizi a banda larga e Adsl, e quando nel 2003 fui chiamato dal governo inglese a sviluppare un piano nazionale per il broadband, racconta Caio, l’Inghilterra era molto più arretrata di noi sull’Adsl.
L’audacia del progetto di Fastweb, e la sua valenza innovativa, quella di creare una rete indipendente su protocollo Ip, che raggiungesse le aziende come i privati con i servizi di fonia fissa, Internet e TV, ha fatto da stimolo per tutto il mercato, Telecom Italia in primis. Proprio in quegli anni dal 2002 al 2006, ha ricordato l’allora presidente di Telecom Italia, Marco Tronchetti Provera, l’Italia passò da circa 200.000 accessi broadband a 7 milioni di Adsl, con una stagione di investimenti che non si è più ripetuta.
Oggi le società di tlc sono schiacciate da un lato dalla riduzione continua dei margini derivanti dai servizi voce, spostatisi oramai su Ip, e dall’altro dai nuovi giganti del web, Google e Yahoo! che com’è stato ricordato anche ieri sera da Tronchetti Provera, vivono alle spalle degli investimenti miliardari fatti dai gestori di rete, sfruttando la banda messa a disposizione da questi ultimi per veicolare i loro servizi.
Insomma “il party è finito” chiosa Caio, e dopo anni in cui le telco hanno venduto servizi voce “a prezzi da collezionisti d’asta” remunerandosi così gli investimenti fatti lato broadband, oggi non ci sono più soldi da investire e In più l’asset portante si è spostato sui contenuti e servizi per il web che oggi rappresentano il vero valore aggiunto. Da qui il dibattito in corso sulla net neutrality e su chi veicola i contenuti in rete, la guerra contro Google e tutto il resto.
Nella storia di Fastweb non sono mancate di certo luci e ombre: dallo sprint finanziario iniziale si è passati a un progetto industriale di lungo corso che ha fatto fatica a diventare profittevole, “ma oggi Milano è la città con la rete in fibra ottica più estesa d’Europa”, ha dichiarato Stefano Parisi, amministratore delegato di Fastweb.
Purtroppo la fibra ottica non ha potuto avere la stessa diffusione nel resto d’Italia, vista la difficoltà nel cablare e gli alti costi da sostenere. E a un certo punto anche Fastweb dopo il 2004 ha preferito l’Adsl alla fibra. Nel frattempo la società ha cambiato proprietà , passando nelle mani di Swisscom, ma il management è rimasto tutto italiano. Il nemico di sempre, Telecom Italia, è diventato un partner industriale almeno sul progetto della next generation network, per la condivisione dei rispettivi cavidotti nella posa di nuova fibra ottica.
E oggi Telecom e Fastweb si ritrovano insieme agli altri operatori a dover risolvere il problema del ritardo dell’Italia sulla banda larga e il relativo adeguamento della rete fissa. “Non c’è un paese al mondo in cui ci sia stata una duplicazione delle rete di accesso” dice Francesco Caio. “Occorre pensare a forme di cooperazione tra gli operatori per finanziare la rete passiva, ma non ha senso pensare di replicare un’altra rete di accesso”.
I dieci anni di Fastweb: l’amarcord delle telecomunicazioni italiane
Ieri sera al Pirellone era presente quasi tutto il gotha delle telecomunicazioni italiane alla presentazione del libro di Valerio Castronovo […]