Abbiamo introdotto alcuni giorni fa il tema della sicurezza e dell’uso della biometria per difenderci dalle intrusioni informatiche. Il più semplice sistema di riconoscimento biometrico, conosciuto praticamente da chiunque, è l’impronta digitale. Largamente utilizzato da anni, permette di identificare univocamente una persona partendo dall’impronta lasciata dai dermatoglifi dell’ultima falange delle dita della mano.
Un dermatoglifo è il profilo risultante dall’alternanza di creste e valli presenti sull’epidermide superficiale di mani e piedi, con dimensioni nell’ordine dei micrometri. L’altezza di questi solchi è variabile da individuo a individuo e compresa indicativamente tra 100 e 300 micrometri, il periodo tra due creste è invece grande circa 500 micrometri. Dal punto di vista organico queste variazioni sono dovute alla costituzione della pelle, composta da tessuto, epidermide e derma. Gli ultimi due strati sono l’epidermide (più esterna) e il derma, che offre supporto e connessioni con il resto del corpo. Tali connessioni, dette papille dermiche, hanno spessori e dimensioni unici, sostenendo di più gli strati superficiali in alcuni punti e meno in altri. Ogni individuo, gemelli omozigoti inclusi, ha impronte digitali uniche, immutabili e individuali, caratteristiche che le rendono perfette come strumento di identificazione e accesso a dati e sistemi. Vista la loro costituzione biologica le impronte digitali sono infatti immutabili, anche tagli o abrasioni non comportano (dopo la loro guarigione) a modifiche nel disegno delle impronte.
Chirurgicamente inoltre è impossibile modificare le impronte in maniera da essere identiche a quelle di qualcun altro, è possibile un’abrasione profonda, con danni permanenti, ma in questo caso i danni si riflettono anche a livello funzionale sul tessuto sottostante. A livello biometrico le impronte digitali rappresentano dunque una fotografia unica appartenente a un singolo individuo. Gli strumenti per leggerne lo stato e garantire o negare l’accesso a dati o sistemi sono in commercio da anni, sono integrati in diversi sistemi e ormai di uso comune.
Uno scanner di impronte digitali agisce come un normale scanner per documenti, solo in scala molto più piccola. La prima configurazione avviene leggendo più volte l’impronta in modo da memorizzare alcuni tratti caratteristici nel database cifrato all’interno. La lettura per l’accesso avviene nel medesimo modo, e se il sistema riconosce l’impronta come identica (entro certi limiti) all’originale, approva l’accesso a dati o sistemi.