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Trucchi e strategie per il Wake on lan

Redazione | 6 Maggio 2015

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Da quando le funzioni di risparmio energetico hanno iniziato a spegnere automaticamente i computer, i server e molti altri dispositivi, […]

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Da quando le funzioni di risparmio energetico hanno iniziato a spegnere automaticamente i computer, i server e molti altri dispositivi, è nata l’esigenza di poterli riattivare rapidamente in caso di bisogno. Quando ci si trova nei pressi di un Pc in stato di risparmio energetico basta muovere il mouse oppure premere il pulsante di accensione, ma se invece si è lontani serve una soluzione diversa. La tecnologia Wake on Lan è stata sviluppata proprio per queste situazioni e permette di riattivare un computer inviandogli un comando specifico attraverso la rete locale. Nelle prossime pagine vedremo come opera, come utilizzarla e come risolvere i problemi che possono impedirne il corretto funzionamento.

di Dario Orlandi

ICON_EDICOLALe reti locali delle case e degli uffici sono sempre più ricche e complesse: oltre ai tradizionali computer, fissi o portatili, sono presenti sempre più spesso anche file server e Nas, stampanti di rete e molti altri dispositivi connessi, come player multimediali, media center e così via. Quasi tutti i componenti offrono funzioni di risparmio energetico, e possono passare automaticamente in una modalità  di sospensione (o addirittura spegnersi) quando non vengono utilizzati. Ma serve poi un sistema per riattivarli quando necessario: il Pc può essere risvegliato premendo un tasto, ma nel caso di un Nas o di un media center è utile poter evitare di raggiungere fisicamente il dispositivo, operazione che può essere scomoda o addirittura impossibile (per esempio se ci si trova fuori casa). Proprio questo è il compito della tecnologia Wake on Lan (spesso abbreviata in Wol), che permette di avviare o risvegliare i computer e gli altri dispositivi della rete locale semplicemente inviando uno specifico comando all’interfaccia di rete. Il Wake on Lan ha una lunga storia, che si intreccia con l’evoluzione delle architetture hardware e con la diffusione dei notebook. Dalla seconda metà  degli anni ’90, i computer portatili hanno progressivamente visto crescere le loro quote di mercato, arrivando a soppiantare i tradizionali Pc da scrivania.

Fino ad allora, il problema dell’efficienza energetica non era al centro dell’attenzione dei produttori e degli utenti; ma la diffusione dei notebook, alimentati a batteria, ha cambiato il panorama e ha introdotto una nuova variabile cruciale nella progettazione delle architetture hardware: il contenimento dei consumi energetici. Oltre a produrre processori, chipset e componenti meno esosi di energia, sono state implementate molte strategie per evitare gli sprechi: il monitor si può spegnere (invece di mostrare uno screen saver) quando si abbandona la postazione per qualche minuto, le periferiche si addormentano se non vengono usate e l’intero computer può passare in uno stato di “animazione sospesa”, che ne abbatte il consumo senza però perdere il contenuto della memoria Ram, per poi ripristinare l’ambiente di lavoro esattamente come lo si era lasciato.

Chi ha vissuto quel periodo ricorda certamente i molti problemi dovuti alle prime implementazioni dei meccanismi di risparmio energetico: periferiche incompatibili, che non consentivano al Pc entrare in stand-by o in ibernazione, o viceversa computer che non riuscivano a risvegliarsi correttamente una volta sospesi. Ancora oggi di tanto in tanto emerge qualche problema: per esempio, Windows 8.1 ha la sgradevole tendenza a far addormentare gli hard disk esterni, anche quando si impostano tutte le opzioni di configurazione per evitare questo comportamento. Oggi come allora, la grande maggioranza dei computer è progettata per essere accesa e spenta dall’utente, o per rimanere sempre attiva (nel caso dei server). Le funzioni di risparmio energetico possono diminuirne sensibilmente il consumo, e aumentare l’autonomia dei computer portatili: basta muovere brevemente il mouse, premere un tasto della tastiera o il pulsante di accensione sul case del computer per risvegliarlo e ripristinare l’ambiente di lavoro in pochi istanti.

L’introduzione dei dischi a stato solido ha reso questa funzione ancor più pratica: l’intervallo necessario per riottenere il controllo della macchina, che inizialmente poteva superare il minuto, è oggi ridotto a pochi secondi. Nelle configurazioni più performanti il tempo di caricamento è paragonabile a quello necessario per riattivare lo schermo e l’interfaccia di rete: quando si vede l’immagine sul display, il computer è pronto per essere usato. Queste strategie, però, hanno un grosso inconveniente: funzionano bene quando ci si trova fisicamente vicini al computer. Il problema era ben noto fin dagli anni ’90: nel 1996 alcuni tra i principali produttori hardware formarono la Advanced Manageability Alliance, che meno di un anno dopo elaborò le prime specifiche della tecnologia Wake on Lan, capace di accendere un computer remoto attraverso la connessione Ethernet. La tecnologia si basava sul lavoro svolto dall’inizio del decennio da Amd e HP con il contributo di Ibm, per consentire l’accesso alle macchine fuori dall’orario di lavoro, senza dover installare hardware specifico e senza richiedere la presenza fisica dell’utente. Si tratta, come vedremo, di una soluzione molto semplice; ha però alcuni risvolti delicati e richiede la giusta configurazione per funzionare a dovere.

I dettagli hardware

Wake on Lan non è una funzione del sistema operativo: lavora infatti a un livello molto più basso, ed è gestita dal firmware (Bios o Uefi) della scheda madre ed eventualmente da quello della scheda di rete (se è di tipo discreto): in teoria si può risvegliare via rete anche un Pc privo di sistema operativo.

Le prime implementazioni necessitavano di una connessione fisica aggiuntiva: un semplice cavo tripolare collegava la scheda Ethernet e il connettore WAKEUP LINK della motherboard, e trasmetteva il segnale di attivazione proveniente dalla rete. Se l’interfaccia di rete è integrata nella scheda madre il collegamento è di solito già  presente, e la funzione dev’essere al più attivata nel Bios. La versione 2.2 del protocollo d’interfaccia Pci ha introdotto le specifiche Pme (Power Management Events), che poi sono state implementate anche nell’interfaccia Pci Express: se la scheda di rete e la motherboard supportano entrambe questa funzione, il cavetto tripolare non è più necessario, poiché i segnali necessari per l’accensione del computer viaggiano direttamente sul bus.

Oggi non è più necessario utilizzare il cavetto aggiuntivo per veicolare i segnali di Wake on Lan: anzi, la maggior parte delle schede esterne non dispone neppure più del connettore necessario. Wake on Lan può funzionare soltanto se la scheda di rete è alimentata, poiché deve poter ricevere e analizzare il comando di attivazione. La sezione di alimentazione del Pc deve supportare la versione 2.01 delle specifiche Atx: questo requisito è soddisfatto da tutti gli alimentatori in commercio ormai da molti anni, ma potrebbe non esserlo nel caso di hardware particolarmente datato. Più spinoso, invece, è il caso delle schede di rete esterne, di solito con interfaccia Usb: in teoria, il computer dovrebbe consentire l’alimentazione della periferica Usb, e quindi l’uso del Wake on Lan. In pratica, invece, i nostri test hanno mostrato che molto dipende dalla particolare implementazione; in generale, il Wake on Lan da una scheda di rete Usb funziona spesso se il Pc si trova in stand-by, mentre è molto più difficile avviarlo se è spento (si veda per maggiori dettagli il box Gli stati del Pc). Un indizio importante – anche se non sempre decisivo – è il led Link, nelle porte Ethernet che dispongono dei due led di segnalazione dell’attività  di rete: se è acceso, la scheda di rete è alimentata e il collegamento fisico alla rete locale è attivo. Non basta per garantire il corretto funzionamento del Wake on Lan, ma è una condizione necessaria. (…)

Trovate l’articolo completo su PC Professionale di maggio 2015