Parlare del futuro dell’Internet delle Cose, quando ancora non è pienamente diffuso e concepito come modello comune di utilizzo degli oggetti (immaginiamo il classico frigorifero che ordina da solo il latte se è scaduto o manca) può sembrare anacronistico, la possibile rivoluzione stenta ad affermarsi e quel futuro così prossimo non sembra ancora reale. Abbiamo chiesto a Fabio Lalli, Ceo di IQUII e docente all’Università di Perugia in Tecnologia e sviluppo delle applicazioni mobile, alcune domande su questo futuro che sembra non arrivare.
Ciao Fabio, gli oggetti di uso comune connessi a internet ancora non sono diffusi come si immaginava qualche anno fa. E’ solo una percezione o c’è qualcosa di vero in questa affermazione?
Secondo me la risposta corretta è dipende. Se fai riferimento al momento di maggior hype, si in effetti non è come si immaginava. Se fai riferimento invece a valutazioni più oggettive, prive di rumore e soprattutto valutazioni fatte con criterio, beh direi che secondo me siamo in linea con quello che ci si aspettava. Solo questo anno sul mercato è stato stimato – dall’Osservatorio IoT del Politecnico di Milano – saranno circa 5 milioni ogni giorno i nuovi oggetti connessi ad Internet e ci sarà una crescita di circa il 30% nel 2016 rispetto all’anno precedente. Questi numeri ci dovrebbero a circa 20.8 miliardi nel 2020 (contro i 50miliardi stimati nella curva di hype del tema in questione). Quindi, rispondendo alla tua domanda, direi siamo in linea o forse un pelo più avanti.
Con Iquii seguite progetti mobile per molte grandi aziende e probabilmente avete una maggiore visione della situzione sul mercato, forse sono proprio le aziende a non spingere sull’IoT?
No il tema è secondo me un po’ differente. Di aziende che puntano all’IOT (in fase primordiale) ce ne sono e sono differenziabili in tre tipi: le startup che cercano di costruire nuovi prodotti, le aziende che cercano un nuovo prodotto da portare sul mercato con il doppio scopo di acquisire nuovi dati ed allo stesso tempo far parlare del proprio brand, e quelle che invece l’IOT vogliono portarlo nei processi con l’obiettivo di migliorare i costi, la sicurezza, il benessere ed il business. In tutti e tre i casi però ci sono degli attriti e dei freni: nel primo caso, le startup, non facilmente trovano investitori perché il mondo dell’IOT a differenza di altri mercati è molto complesso e dispendioso. Nel secondo caso, le aziende che vogliono trovare un nuovo prodotto di mercato, la difficoltà è di investimento e budget: non appena il progetto arriva a dover prender forma, qualcosa si arena, perché comunque questo tipo di progetti richiedono investimenti differenti. Nel terzo caso, quello della smart Logistics, invece è culturale: spesso non c’è commitment corretto dall’alto e non si crede completamente nel valore dei dati generabili.
Quali progetti IoT seguiti direttamente da voi o nel vostro radar da attenti osservatori del settore, si stanno maggiormente diffondendo in termini di sviluppo? E di mercato?
Il principale segmento di mercato che si sta sviluppando è quello delle soluzioni di Smart Metering, i contatori intelligenti per la misura dei consumi e gli Smart Asset Management nelle utility, ossia strumenti per la gestione da remoto utili al rilevamento di guasti, manomissioni, localizzazione.
Un altro segmento di mercato in crescita è quello delle Smart Car a cui si aggiunge lo Smart Building ossia sistemi di videosorveglianza e la gestione degli impianti fotovoltaici, ed infine il segmento della Smart Logistics ossia tutte quelle soluzioni per la gestione di flotte aziendali e antifurti satellitari.
Noi personalmente stiamo lavorando sul segmento dello smart home con alcune aziende. Il nostro progetto principale che ha visto vita online è stato con l’azienda Palazzetti che ha realizzato un gamma di prodotti (stufe) connessi ad internet e completamente gestibili remotamente. Oltre a questo abbiamo fatto sperimentazione e progetti prototipo in ambiti differenti partendo sempre dallo smart Home fino all’ambito sportivo e all’applicazione di tecnologie in ambito retail, segmento di mercato dove negli ultimi mesi abbiamo iniziato a focalizzarci con alcuni progetti, clienti e soluzioni. Qui c’è un modo da scoprire.
Se dovessi fare una previsione, quanto manca ad una diffusione di massa dell’IoT? O non sarà mai di massa? Vedremo mai concretizzarsi una diffusa connessione di oggetti con il web per uno scambio di dati utili a migliorare la quotidianità delle persone?
Il tema è che una domanda di questo tipo di fatto definisce un limite implicito ossia la popolazione ed il mondo (in termini di dimensioni) , ma ti ribalto la domanda: cosa è oggi un prodotto di massa e la diffusione di massa? Il fatto che ogni utente utilizzi un solo oggetto o che una massa di utenti più piccola rispetto alla totalità ne utilizzi tanti di oggetti? Secondo i numeri che ti ho dato all’inizio, in entrambe i casi, ti risponderei verso il 2020, visto che essendo circa 7 miliardi di persone, avremo 50 miliardi di dispositivi connessi. La verità è che secondo me, tra quest’anno e l’anno prossimo, ci sarà una esplosione al di sopra delle stime e cominceremo a vedere molti più oggetti connessi ad internet di quello che si possa pensare. Il mobile è stato un abilitatore che ha portato agli utenti due cambiamenti importanti : la possibilità di avere informazioni in tempo reale e ovunque, e la possibilità di connettersi a tutto usandolo come hub e centralizzatore. Di fronte a questi cambiamenti abbiamo ancora dubbi che gli oggetti connessi esploderanno sul mercato? Io sono dell’idea che lo sviluppo tecnologico di questi ultimi anni e l’integrazione totale nella vita di tutti i giorni, ha già portato dei benefici. La mole di dati che attualmente stiamo acquisendo, sarà ancora più efficace ed in grado di migliorare la quotidianità delle persone.