Quante volte vi è capitato di ragionare della qualità delle reti mobili durante la visualizzazione di un contenuto video attraverso i vostri tablet o smartphone, magari mentre lo stesso veniva riprodotto a scatti? La pubblicità di Vodafone in cui un Bruce Willis spazientito osservava il display del suo device incantarsi durante la riproduzione streaming è sufficientemente eloquente circa il livello di frustrazione degli utenti?
Scherzi a parte, in casa Netflix hanno preso sul serio questo tipo di problematica, perché offrire contenuti video in streaming on demand che non siano soddisfacenti in termini di qualità , significa perdere clienti. L’azienda statunitense ha quindi deciso di investire in una tecnologia capace di analizzare come le variazioni di bitrate possano riflettersi sulla qualità video e, quindi, sull’esperienza dell’utente finale.
Considerando l’incredibile archivio di contenuti di Netflix, non è poi così difficile comprendere le ragioni per le quali la stessa società abbia deciso di sviluppare l’algoritmo VMAF – Video Multi Method Assessment Fusion – progettato per fornire una valutazione della qualità video dal punto di vista della percezione sensoriale (usando quindi la vista), piuttosto che in funzione di un’analisi di natura matematica.
Questo potente algoritmo, che funziona basandosi su quanto sperimenta l’essere umano attraverso gli occhi, dovrebbe permettere di ottenere dei risultati più accurati nello stabilire quanto si possa intervenire, a livello di bitrate, per assicurare un’esperienza video sempre ottimale a seconda del contesto, senza perdere per esempio la qualità dei dettagli presente in una produzione documentaristica a causa di una compressione troppo elevata.