Il dibattito circa i potenziali sviluppi dell’intelligenza artificiale, e il modo in cui la stessa potrà approcciarsi all’essere umano, sta coinvolgendo sempre più esperti a livello mondiale, con Big G che ha sviluppato un sistema di emergenza per arginare derive di DeepMind e personalità come Stephen Hawking (fisico), Elon Musk (Tesla) e Steve Wozniack (ex Apple) che hanno chiesto di bandire eventuali terminator.
Il tema, che sta diventando sempre più di attualità , ha spinto anche un ingegnere dell’università di Berkeley a realizzare il prototipo (ovviamente molto limitato) di quello che potrebbe essere un futuro robot dotato di intelligenza artificiale in grado di aggredire l’uomo. La creatura di Reben, attraverso la sua intelligenza artificiale, può già decidere se ferire o meno l’essere umano, in totale autonomia, in barba a quanto preconizzato da Asimov. In effetti, il famoso biochimico e scrittore, nelle sue opere fantascientifiche, arrivò ad enunciare le cosiddette tre leggi della robotica, la prima delle quali – che è poi stata violata con l’esperimento di Alexander Reben – recita che “Un robot non può recare danno a un essere umano, né può permettere che, a causa del suo mancato intervento, un essere umano riceva danno.”
Certo si potrebbe obiettare che con i droni, già nel presente, gli eserciti possono porre fine alla vita di un uomo attraverso una macchina mai i droni non sono dotati di intelligenza artificiale, sono solo dei mezzi comandati dall’uomo. Lo scopo dell’ingegnere di Berkeley è quello di stimolare un dibattito il più ampio possibile, per evitare che la deriva esplicitata in questo suo esperimento, attraverso strumenti molto più potenti, possa portare a conseguenze ben più drammatiche.
Un esempio ci viene sempre dal cinema: il network Skynet che nella saga di Terminator dopo aver raggiunto l’autocoscienza decide l’annientamento della razza umana, percepita come un pericolo per la sua stessa incolumità . Quest’ultimo scenario resterà solo nei copioni dei film di fantascienza? Per ora date un’occhiata al video dell’esperimento condotto da Alexander Reben.