Vi abbiamo parlato in precedenza di come l’Università di Harvard, negli Stati Uniti, è riuscita a condurre un esperimento per utilizzare la riboflavina per nuove batterie e, ora, torniamo in argomento riportandovi come, stavolta, l’Università di Toronto sia riuscita a completare la prima batteria “bio”, in grado di accumulare l’energia attraverso l’utilizzo di unità che sono state ottenute appunto a partire dall’uso della vitamina B2.
L’ateneo canadese ha presentato il suo primo prototipo in questo senso, che per ora può offrire l’alimentazione necessaria ad un apparecchio acustico: tuttavia, i ricercatori sono già all’opera per cercare di riuscire a sviluppare delle nuove batterie biologiche, contraddistinte da una maggior potenza, e ancora, da uno spessore più ridotto, da una maggiore flessibilità e, ancora, dal loro aspetto trasparente.
La batteria a vitamina B2 non differisce nell’aspetto da quelle realizzate con gli ioni di litio, e che si trovano pressoché in quasi tutti i gadget elettronici di ultima generazione, tuttavia, al suo interno sfrutta appunto le molecole organiche della riboflavina (anziché quelle di metalli contraddistinti da prezzi importanti e anche da un impatto ambientale notevole), che vengono rilasciate nel momento in cui avviene il collegamento della batteria ad un device.
Per ottenere questo risultato straordinario, i ricercatori dell’Università di Harvard hanno fatto uso della vitamina B2 ottenuta da funghi OGM, che peraltro è contraddistinta da una lunga durata nel tempo e, ancora, è ad alta tensione. Quest’ultimo particolare è molto promettente per quanto riguarda gli sviluppi futuri, considerando come queste batterie bio potrebbero diventare indispensabili nel mondo dell’IoT.