Il più grande svantaggio dei computer potenti, come IBM sa bene, è la loro dimensione. Il 19 marzo coincide con il primo giorno di “IBM Think 2018”, la conferenza di punta dell’azienda statunitense, in cui la società svelerà quello che afferma essere il computer più piccolo del mondo, inferiore come dimensioni a un granello di sale.
Ovviamente non bisogna lasciarsi ingannare dalla novità delle dimensioni, poiché la potenza di calcolo sarà simile ai prodotti venduti agli inizi degli anni ’90. Il costo delle componenti di un processore di questo tipo si aggirerà intorno ai dieci centesimi e, secondo la compagnia, comprenderà “diverse centinaia di migliaia di transistor, consentendogli di monitorare, analizzare, comunicare e agire sui dati”.
Stando a quanto riportato da Mashable e da Fortune, il nuovo prodotto, difficilmente individuabile a occhio nudo, è uno di quei dispositivi che IBM chiama “crypto-anchors”, ovvero una sorta di impronta digitale che può essere incorporata negli oggetti di uso quotidiano per poterne verificare provenienza e contenuto. L’idea è quindi quella di utilizzare questo metodo per mettere in collegamento gli oggetti ai loro spostamenti, memorizzati su una blockchain.
Ciò rende questo tipo di tecnologia molto utile nella gestione della catena della distribuzione chain, in cui la provenienza dei prodotti e la loro possibile contraffazione sono da sempre problemi molto seri. Il dispositivo è inoltre in grado di eseguire compiti base dell’IA avendo quindi la capacità di monitorare, analizzare e raccogliere dati.
Secondo IBM, questo è solo il primo passo. “Entro i prossimi cinque anni, gli ancoraggi crittografici saranno incorporati negli oggetti e nei dispositivi di tutti i giorni”, afferma Arvind Krishna, vice presidente e direttore della ricerca della società di Armonk.
Non è ancora chiaro quando questo prodotto verrà rilasciata, dal momento che i ricercatori IBM sono attualmente impegnati a testare il primo prototipo. L’azienda non è nuova a innovazioni del genere (l’ultima in questo campo ve l’avevamo raccontata quasi un anno fa), quindi una cosa ormai è certa: se questo è il futuro, avremo bisogno di un microscopio per vederlo.
Ecco come questa impronta digitale “digitale” potrebbe impattare sull’identificazione dei beni.