Il social network in blu avrebbe mentito sulle statistiche degli ad video, mentre i fondi pensione vorrebbero detronizzare Mark Zuckerberg dal suo ruolo di comando assoluto.
Il momento no di Facebook continua e anzi si fa ancora più grave, con la corporation ora costretta a difendersi dalle accuse dei pubblicitari che si dicono raggirati: il social network avrebbe mentito sulle reali statistiche di visualizzazione dell’advertising in formato video, una mossa a tutto vantaggio (economico) delle casse aziendali e che Facebook nega con fermezza.
L’accusa è stata formulata nell’ambito del caso LLE One LLC et al. v. Facebook, una causa legale avviata due anni fa e attualmente in attesa di giudizio presso la Corte Federale di Oakland, in California. Stando alle accuse formulate dal gruppo di pubblicitari che anima l’iniziativa, Facebook si sarebbe resa protagonista di una vera e propria truffa gonfiando ad arte le statistiche di visualizzazione degli ad sulla piattaforma.
Nel 2016 Facebook aveva riconosciuto di aver fatto un errore nel calcolo delle statistiche sugli ad, ma la causa californiana rincara la dose e nega la buona fede della corporation: Facebook aveva scoperto il problema molto prima di quanto dichiarato ufficialmente, e l’impatto degli errori sui calcoli è stato molto più severo. Le visualizzazioni medie non risultavano superiori del 60-80% come comunicato dall’azienda, ma erano piuttosto gonfiate con percentuali tra il 150 e il 900%.
La stragrande maggioranza dei “video ad” sono visti dagli utenti per brevissimi periodi di tempo, sostengono i pubblicitari, Facebook era perfettamente a conoscenza del fatto ma ha preferito far finta di niente incassando gli introiti (illegali) dell’advertising gonfiato. Dal canto suo, Facebook ha negato di essersi comportata in maniera truffaldina liquidando come false le accuse dei pubblicitari.
In attesa del responso del giudice americano previsto per il 14 dicembre, la causa sulle statistiche gonfiate non gioca certo a favore della reputazione di un’azienda da tempo sulla graticola: gli scandali e i comportamenti potenzialmente illegali – nonché immorali – nella gestione dei dati degli utenti non si contano più, le azioni legali di privati e autorità di controllo continuano ad ammassarsi e Mark Zuckerberg deve subire una pressione senza precedenti nella storia del social network.
Anzi, la pressione potrebbe persino aumentare, visto che il dominus di Facebook è stato chiamato direttamente in causa da tre fondi pensionistici americani e dal New York City Comptroller: i quattro soggetti hanno avviato un’iniziativa volta a destituire “re” Zuckerberg e instaurare un Presidente del Consiglio di Amministrazione indipendente, sostituendo il fondatore e padrone quasi assoluto di Facebook con qualcuno capace di agire in maniera molto più responsabile nei confronti degli azionisti, degli utenti e della società nel suo complesso. Visti i numeri in gioco, comunque, non si prevedono sconvolgimenti a breve: i quattro soggetti che vogliono fare la guerra a Zuckerberg hanno in portafoglio $777 milioni di azioni, mentre Re Zuck può contare sul 60% dei voti di controllo della “sua” creatura.
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