L’eredità che Sony ha ricevuto da Konica-Minolta non è andata dispersa: dal 2006 a oggi il marchio giapponese ha ulteriormente valorizzato l’esperienza dei due storici produttori, arrivando in tempi recenti a competere con i nomi più illustri del settore, su tutti Canon e Nikon.
L’offerta del colosso nipponico dentro al mondo D-slr è tra le più esaustive e lo rileviamo non solo a livello di corpi macchina disponibili (serie Alfa), ma anche in virtù dell’ottimo corredo di accessori, il cui fiore all’occhiello è rappresentato dall’offerta di ottiche di pregio a marchio Carl Zeiss. In ambito reflex la gamma spazia dal segmento entry fino al professionale dove troviamo la protagonista di questo test, ovvero la full-frame Alfa 900.
Proprio sullo scorso numero abbiamo avuto modo di illustrarvi le due proposte full-frame di Nikon e Canon per il segmento prosumer: la proposta di Sony qui presente si discosta un poco da quest’ambito, in quanto trattasi di fotocamera pensata espressamente per il professionista, sebbene il suo prezzo d’acquisto la renda allineata al segmento semi-professionale. La prima impressione impugnando l’Alfa 900 non lascia alcun dubbio in tal senso: la macchina è assemblata attorno a uno chassis in lega di magnesio e presenta un corpo possente, robusto e ben rifinito, dove ogni particolare è studiato pensando all’affidabilità assoluta di cui necessita il professionista. In presenza di ghiere o pulsanti si sono installate delle guarnizioni per migliorare la resistenza ad avverse condizioni ambientali, mentre i raffinati materiali dedicati alla meccanica dell’otturatore (fibra di carbonio) garantiscono un ciclo di vita da oltre 100.000 scatti.
I volumi sono caratterizzati dalle dimensioni del pentaprisma che cela un mirino in grado di restituire il 100% del campo inquadrato con un fattore d’ingrandimento da 0,74X e offre nel contempo la possibilità di sostituire lo schermo di messa a fuoco. Le uniche pecche in questo ambito riguardano le informazioni veicolate nel mirino che sono scarne in rapporto alla classe della fotocamera, nonché la dimensione del display a cristalli liquidi sul top dell’apparecchio che è risultato di non facile lettura. Di contro, il pannello Lcd sul dorso offre caratteristiche di alto livello in virtù della diagonale da 3″ ma soprattutto per la risoluzione da quasi 1 megapixel, quote che garantiscono un grado di dettaglio davvero apprezzabile. L’eredità tecnologica ricevuta da Konica-Minolta è palese osservando il layout di questa reflex: oltre ai caratteristici deviatori a scorrimento preposti all’accensione ed allo stabilizzatore, sono presenti un ampio numero di comandi esterni dedicati alle funzioni fotografiche più importanti. A proposito dello stabilizzatore evidenziamo che si tratta di uno degli aspetti più seducenti, trattandosi di un dispositivo implementato nel corpo macchina e che pertanto non richiede l’acquisto di ottiche dedicate.
Nel caso dell’Alfa 900 siamo di fronte all’unica full-frame con corpo stabilizzato, caratteristica che da sola pone questa fotocamera in una categoria esclusiva, anche alla luce dell’ampia superficie del Cmos rapportata alla capacità d’intervento che raggiunge i 4 Ev.
Vi ricordiamo che ai fini di questa funzionalità è necessario installare il sensore su degli attuatori, in modo che la compensazione di moto operi sull’elemento sensibile e non sulle lenti come nel caso di obiettivi stabilizzati. Questa implementazione condivide le risorse hardware con il sistema dedicato alla rimozione dello sporco volatile, dove il filtro posto a protezione del Cmos vibra ad alta frequenza al fine di rimuovere lo sporco per caduta.
La baionetta porta ottiche, di tipo Sony Alfa, è compatibile con il vecchio attacco Minolta A ma non solo: qui è previsto anche il riconoscimento automatico di lenti APS-C (cerchio immagine ridotto), per cui la fotocamera adegua l’area del sensore operando a 11 Mpixel, ma permettendo l’utilizzo di ottiche già acquistate per altri modelli della casa. Il circuito autofocus consta di 9 punti e prevede un elemento centrale cross-type per lenti luminose (f2.8), mentre altri 10 punti non visibili operano nel caso si opti per la lettura ad area allargata. In generale la reattività dell’A900 è davvero buona, soprattutto considerando le dimensioni del formato: senz’altro notevoli le prestazioni dello scatto a raffica che raggiungono i 5 fps per 105 ftg.
Trattandosi di file da oltre 24 Mpixel, capite che siamo su livelli davvero elevati. Buona parte del merito va imputata sia alla nuova progettazione della scatola dello specchio sia al core proprietario Bionz che per l’occasione è stato raddoppiato (Dual Bionz Image Processors) a causa dell’altissima mole di dati trasmessi dal nuovo Cmos. Con oltre 24 Mpixel infatti, quest’elemento sensibile offre la più elevata risoluzione della sua classe, spostando ulteriormente in avanti le frontiere in ambito D-slr. Come le altre unità della casa, anche questo sensore integra on-die sia i circuiti A/D che quelli per la riduzione del rumore.
Naturalmente sul campo ha offerto risultati da primato in termini di pura definizione, anche se a parità di categoria, l’Alfa 900 ha palesato un livello di rumore più alto rispetto alle concorrenti.
Sony Alfa A900 (solo corpo)
Euro 2.900,00 Iva incl.
Pro
• Risoluzione da primato
• Unica proposta di corpo full-frame stabilizzato
• Realizzazione robusta e curata
• Qualità file eccellente a bassi e medi valori Iso
• Rapporto prezzo-prestazioni vantaggioso
Contro
• Informazioni nel mirino migliorabili
• Rumore sopra la media oltre gli 800 Iso
Produttore: Sony.
Ottimo come livello di dettaglio, ma con qualche incertezza agli alti Iso: questo in sintesi il giudizio sul Cmos di Sony. Ma purtroppo è il prezzo da pagare per la risoluzione record di 24,6 Mpixel. La densità di questo sensore (28.000 pixel/mm2) è infatti molto vicina a quelle tipiche delle reflex APS-C.