Le grandi corporation dell’hi-tech sarebbero attivamente impegnate a studiare un parziale trasloco delle loro produzioni dalla Cina verso altri paesi asiatici. La tregua annunciata da Trump non è servita sostanzialmente a nulla.
Come già ampiamente previsto, la concessione di Donald Trump che ha allentato il bando di Huawei dal mercato statunitense – almeno sul fronte dei fornitori – si è rivelata una mossa assolutamente inutile. La guerra dei dazi tra USA e Cina continua e anzi ingrana la marcia, con i colossi dell’IT a stelle e strisce costretti a identificare location alternative per la produzioni dei dispositivi elettronici più avanzati.
Quelle che arrivano dall’Asia, infatti, sono indiscrezioni che parlano di un vero e proprio esodo delle produzioni ad alto contenuto tecnologico: smartphone, console videoludiche e PC sono coinvolti nei piani di trasloco forzato, una mossa indispensabile per evitare la tagliola dei dazi contro la Cina e il prevedibile aumento dei costi dei prodotti venduti agli utenti finali.
Alcune aziende impegnate nel mercato dei PC laptop sarebbero già in fase di studio per il ricollocamento della produzione, dicono i rumor, con Dell attiva in un progetto pilota che prevede il trasferimento del 30% dei laptop prodotti in Cina verso un altro paese asiatico; anche HP vorrebbe trasferire fra il 20 e il 30% della sua produzione di portatili fuori dalla Cina, e le due aziende assieme (Dell+HP) contano per qualcosa come 70 milioni di PC portatili commercializzati nel 2018.
Le aziende produttrici di console videoludiche (Microsoft, Sony, Nintendo) starebbero seguendo la stessa strada della “delocalizzazione” fuori dalla Cina, e così starebbero facendo anche Google, Lenovo – multinazionale pur di origine cinese – Acer e altri; Foxconn, uno dei colossi dell’elettronica cinese, si è già impegnata a produrre una parte degli iPhone di Apple in India.
Se Donald Trump sperava di riportare Pechino a più miti consigli con nuovi rapporti di forza nello scambio economico tra USA e Cina, insomma, la realtà sembra andare in una direzione molto diversa: le corporation statunitensi non vogliono (o forse non possono) aspettare i tempi della politica e si preparano al peggio, mentre nel prossimo futuro il PIL della Cina potrebbe subire un contraccolpo significativo se tutti i piani di ricollocamento di cui si parla in questo periodo venissero attuati in concreto.