iCloud, recentemente annunciato da Apple, è solo la punta dell’iceberg dei servizi offerti tramite il Web. Ma non son tutte rose e fiori
Alla WWDC (la conferenza mondiale degli sviluppatori) Apple ha fatto tre annunci importanti, due riguardanti l’evoluzione dei propri sistemi operativi (OS X Lion per notebook e desktop e iOS 5 per tablet e smartphone) e uno sul nuovo iCloud, evoluzione dei servizi on-line di MobileMe. Quest’ultimo annuncio è quello che ha suscitato il maggior interesse da parte degli esperti e degli utenti di sistemi Apple. Perché? Potete scoprirlo leggendo l’articolo di presentazione dei servizi offerti da iCloud nella rubrica Internet. Quello che qui mi interessa analizzare non è tanto l’offerta che la corazzata Apple ha predisposto per affrontare la dura battaglia nel mare magnum della rete, ma le implicazioni che il cloud computing in genere avrà sulla nostra vita.
Partiamo da due considerazioni positive. Primo: coscienti o no, siamo tutti già utilizzatori di servizi cloud. Secondo: fruire di servizi cloud porta tanti benefici. Facciamo qualche esempio. Anche solo tenere sincronizzati i propri siti Internet preferiti tramite il semplice servizio offerto da molti browser (per esempio Firefox) senza installare add-on specifici porta ad essere utenti di un servizio di cloud computing. Google Calendar è una agenda cloud, come Gmail, che permette di archiviare nella “nuvola” la propria posta elettronica e la rubrica personale. Gli utenti smaliziati, come i lettori di PC Professionale, fanno largo uso di programmi di sincronizzazione di file e note come Dropbox o Evernote, applicativi che definire utili è riduttivo. Con Dropbox, per esempio, potete avere un disco fisso virtuale on-line sul quale archiviare i file che dovete avere sempre con voi, accessibili ovunque e sempre aggiornati, oppure potete creare una cartella da condividere con i vostri amici (solo quelli abilitati potranno vederla) per scambiare documenti, foto o video. Non è utile tutto ciò? Pensate poi ai vantaggi, non solo economici, che hanno le aziende che stanno adottando servizi Saas (Software as a service): bassi investimenti in hardware (drastica riduzione dei server aziendali), aggiornamenti immediati degli applicativi, software non da acquistare ma solo da “affittare” con un basso impatto economico sui conti aziendali. E poi, non è da sottovalutare il fatto che tutto ciò che si archivia nella “nuvola” è registrato più volte, per cui il rischio di perdere i propri dati è molto ma molto limitato. Insomma, tanti benefici. Va bene, i risparmi ci sono, i vantaggi anche, ma nessuno parla degli svantaggi? Sì, perché un uso non oculato dei servizi Web può comunque generare dei problemi. Non son tutte rose e fiori. Pensate a cosa è successo a PlayStation Network che, come dice Sony è: “un ambiente interattivo in cui puoi provare giochi online, comunicare con amici e familiari in tutto il mondo ed esplorare il Web”. In pratica un servizio, anche in questo caso cloud, che permette di provare e comprare nuovi giochi e di giocare on-line con altri amici di network. Grazie a un massiccio attacco hacker il servizio è rimasto inattivo per più di un mese. Va bene, serve solo per giocare, ma pensate se una cosa del genere fosse successa a un fornitore di applicazioni Saas, magari di programmi specifici per studi legali o per commercialisti. Un vero disastro, soprattutto se i dati fossero disponibili solo on-line.
E non c’è solo il problema degli hacker. Secondo me noi abbiamo un’approccio un po’ troppo fideistico al Web: Internet c’è e ci sarà sempre ed è impossibile immaginare problemi di connessione. Però i servizi si possono bloccare e le connessioni possono non essere sempre disponibili. Immaginate di essere all’estero in vacanza o per lavoro e di non riuscite a collegarvi al Web, perché il 3G è impossibile da usare fuori Italia (per i costi proibitivi) e non ci sono accessi wireless nelle vicinanze. Vi arriva il messaggio della vostra banca “solo” on-line che vi avverte che siete in rosso perché vi hanno addebitato il saldo mensile della carta di credito e voi a questo punto cosa potete fare? Avere i dati della propria attività anche in locale, oltre che nel cloud, o poter contattare delle persone fisiche in caso di bisogno, non è una banalità . È una necessità che il virtuale del Web non potrà mai sostituire. Di contro non bisogna neppure criminalizzare Internet pensando che solo i servizi “fisici” siano sicuri. Pensate a cosa è successo alle Poste nazionali, che in occasione del recente aggiornamento del sistema operativo dei server sono andate in tilt, creando lunghe code di utenti agli sportelli. Utenti reali, non virtuali.