Assieme a Seagate e Toshiba, Western Digital (WD) è stata colta nei mesi scorsi con le “mani nella marmellata” dello scandalo SMR. I tre grandi produttori di hard disk hanno commercializzato le loro unità di storage con tracce sovrapposte senza informare adeguatamente gli utenti, provocando (nei casi peggiori) problemi e perdite di dati sui sistemi pensati per la registrazione a flusso continuo.
La tecnologia SMR (Shingled magnetic recording) prevede l’uso di tracce parzialmente “sovrapposte” per l’archiviazione di dati su HDD, un sistema pensato per aumentare la densità dei piatti magnetici ma che ha effetti negativi sulla performance in scrittura. Particolarmente complicata era subito apparsa la posizione di WD, che aveva venduto i dischi SMR al posto di quelli tradizionali (CMR) nella serie “Red” dedicata ai sistemi NAS.
WD, come le altre aziende coinvolte, aveva in seguito provato a mettere una pezza al pasticcio professando “trasparenza” e pubblicando la lista completa dei dischi SMR sul mercato. La mossa di WD non è stata sufficiente, e ora due diversi studi legali (uno negli USA, l’altro in Canada) stanno imbastendo una class action contro il comportamento scorretto (e potenzialmente illegale) dell’azienda.
I dischi SMR sono particolarmente inadatti ai NAS e alle altre configurazione di storage RAID, sostengono i legali, WD ne era ben conscia eppure ha deciso di usare la tecnologia “inferiore” delle tracce sovrapposte “apparentemente” per risparmiare sui costi.
WD aveva in verità tentato una ulteriore, disperata mossa di riconciliazione col pubblico sostituendo i dischi SMR con quelli CMR valutando la situazione dei clienti “caso per caso”. La cosa non è stata sufficiente, e ora una più che probabile class action mirerà a dimostrare la condotta illecita di WD e i comportamenti adottati per mascherare l’uso dei drive SMR.