La Nuova Zelanda è, al momento, uno dei pochi luoghi del pianeta in cui la pandemia di COVID-19 non è più un problema da affrontare con quarantene, restrizioni alla libertà di circolazione o anche mascherine chirurgiche. Un’isola felice in un mondo nel caos, che Gabe Newell vorrebbe eleggere a patria privilegiata dello sviluppo videoludico.
Newell, ovvero il co-fondatore e presidente di Valve Corporation, si trovava in vacanza in Nuova Zelanda quando è esplosa la crisi sanitaria globale. E in Nuova Zelanda ci è restato, per mesi, e vi risiede ancora in attesa che passi la tempesta – e magari un nuovo presidente USA che decida di affrontare seriamente la pandemia senza sponsorizzare i gargarismi alla candeggina o i bagni di raggi ultravioletti come fa Donald Trump.
Non solo Newell ha eletto la Nuova Zelanda come sua nuova casa sicura al tempo della pandemia di COVID-19, ma ora il tecnologo vorrebbe che anche gli altri sviluppatori di videogiochi si trasferissero in massa nel paese oceanico per poter tornare a lavorare in ufficio. La collaborazione faccia a faccia è indispensabile per la creazione di esperienze ludiche, suggerisce Newell, e lo smart working necessario a combattere il virus SARS-CoV-2 ha reso il lavoro in presenza sostanzialmente impossibile per un numero enorme di studi di sviluppo.
Newell avrebbe intenzione di parlare direttamente con il primo ministro neozelandese Jacinda Ardern, recentemente rieletto dopo l’ottima prova data nel contrasto al COVID-19, per discutere un vero e proprio piano organico in grado di facilitare lo spostamento degli sviluppatori videoludici nel paese. Nulla a questo punto è ancora certo, men che meno la possibilità – comunque evocata – che la sede di Valve venga spostata in maniera permanente in Nuova Zelanda.