AMC ha già annunciato di avere a disposizione denaro liquido solo fino alla fine del 2020, suggerendo che dopo quella fatidica scadenza la corporation non potrà più pagare i suoi conti e sarà quindi destinata al fallimento. Assieme ad AMC, in realtà, è l’intero business delle sale cinematografiche che rischia inesorabilmente di fallire negli USA come nel resto del mondo.
La pandemia di COVID-19, la quarantena, i limiti agli spostamenti, la paura delle persone di tornare alla “vita di prima”, le major cinematografiche che ritardano di anni la programmazione delle nuove uscite o passano direttamente allo streaming: tutto sembra cospirare contro la sopravvivenza di AMC, una delle più grandi catene cinematografiche esistenti al mondo.
Il triste stato di cose viene confermato negli ultimi risultati finanziari appena pubblicati dalla corporation e riferiti al terzo trimestre del 2020. Nel periodo dell’anno che si è concluso lo scorso 30 settembre, dice AMC, i ricavi complessivi sono stati pari a $119,5 milioni con un crollo del -90,9% rispetto al 2019 ($1,312 miliardi). Sostanzialmente speculare il comportamento degli spettatori, che hanno disertato le sale (volenti o nolenti) nel 96,8% dei casi negli USA e nel 92,5% nel resto del mondo rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.
Come sottolineato dal presidente e CEO Adam Aron, risultati così magri dipendono dal fatto che le sale di AMC sono state chiuse nei due terzi del trimestre preso in considerazione. Molte location hanno già riaperto, ancorché con capacità di accoglienza limitate al 20-40% del totale. La strategia di un potenziale (quanto fin qui improbabile) rilancio passa anche per nuovi protocolli e politiche di sanificazione, la riproposizione dei classici e la disponibilità a offrire sessioni di proiezione private.