I led bianchi ad alta luminosità , grazie alla loro elevata efficienza energetica, longevità e compattezza, si stanno diffondendo a macchia d’olio nei dispositivi elettronici che ci circondano. Non solo sono già parte integrante dei display Lcd dei nostri computer, tablet e smartphone, ma stanno velocemente entrando negli ambienti in cui viviamo anche sotto forma di lampadine e di sistemi di illuminazione a stato solido. In realtà i led bianchi sono costituiti da led blu InGaN (nitruro di gallio e indio), ricoperti da fosforo Yag (granato di alluminio e ittrio) che emette luce gialla quando illuminato da fotoni con frequenza nel blu. I colori giallo e blu sommati appaiono ai nostri occhi come bianco, che può avere una dominante calda (tendente al giallo) o fredda (verso il blu) a seconda della quantità di fosforo Yag impiegato.
di Nicola Martello
Un’occhiata allo spettrogramma di un tipico led bianco permette di capire facilmente la distribuzione dell’intensità dei colori emessi. Il picco sul blu è chiaramente visibile e, procedendo verso il rosso, si nota un profondo avvallamento sul verde, poi un ampio rilievo centrato sul giallo. Di seguito la luce emessa cala molto velocemente man mano che ci si sposta verso la lunghezza d’onda del rosso.
A causa del crescente impiego di questi led bianchi, i nostri occhi sono sempre più esposti a una forte componente di luce blu (prodotta anche dai tubi fluorescenti e dalle lampade a scarica di gas), che, secondo molti (ma non tutti) ricercatori e medici, alla lunga può essere una delle cause della degenerazione maculare legata all’età , una malattia della retina che è in forte aumento tra le persone con età di 55 – 65 anni e che hanno trascorso buona parte del loro periodo lavorativo in ufficio. Già adesso la degenerazione maculare (la macula è la parte centrale della retina) è tra le principali cause di cecità nei paesi occidentali.
Questo danno non avviene in poche ore di esposizione ma dopo parecchie migliaia, un effetto cumulativo che è facilmente raggiungibile da una persona che lavora quotidianamente in un ambiente illuminato da luci fluorescenti o led, sta spesso davanti al monitor di un computer e fissa di frequente tablet e smartphone. Il pericolo è ancora maggiore per i bambini che usano spesso i dispositivi portatili con display a led, dato che il loro cristallino è molto più trasparente di quello di un adulto e quindi lascia arrivare alla retina una quantità maggiore di luce blu. In passato si riteneva che i nostri occhi fossero messi in pericolo solo dalla luce ultravioletta (Uv) e da quella molto intensa (laser, il sole guardato senza protezioni adeguate), ma ricerche più recenti, svolte principalmente sui topi, hanno evidenziato il legame tra il progressivo deterioramento della retina e la prolungata esposizione alla luce blu prodotta dalle luci fluorescenti e soprattutto dai led bianchi. Il nostro occhio è particolarmente vulnerabile alla luce con lunghezza d’onda compresa tra 420 nm e 470 nm, un intervallo che coincide molto bene con il picco sul blu emesso dai led usati per illuminare i display e sempre più ambienti in cui viviamo.
Sebbene meno intenso, questo picco sul blu esiste anche con le luci fluorescenti e con quelle a scarica di gas, mentre non c’è con le tradizionali lampadine a incandescenza, che hanno uno spettro di emissione molto più costante e soprattutto spostato verso il rosso e gli infrarossi. Giusto per dare qualche cifra, le lampade a incandescenza irradiano meno del 5% di luce blu, mentre con i led bianchi questo valore sale a 10% (bianco caldo, 2.700 K – 3.000 K), per balzare a 30% nel caso dei led bianchi impiegati nei display Lcd (monitor, tablet, smartphone). A livello dell’occhio, i raggi Uv provocano infiammazioni alla cornea e alla congiuntiva, proprio come alla pelle. In questi casi si tratta di irritazioni superficiali, mentre è più profondo il danno inferto al cristallino, che può sviluppare una cataratta da Uv (la cataratta può nascere anche per una prolungata esposizione agli infrarossi). Le radiazioni Uv sono suddivise in tre classi a seconda della loro lunghezza d’onda. I raggi Uv-A (320 – 400 nm) rappresentano il 75 % degli Uv che arrivano dal sole e determinano l’abbronzatura e alcune reazioni fotosensibili, gli Uv-B (290 – 320 nm, 19 %) provocano scottature e sono implicati in alcune forme di tumore della pelle, Uv-C (200 – 290 nm, 6 % circa) sono in assoluto i più pericolosi e sono assorbiti dallo strato di ozono che circonda il nostro pianeta. In sintesi, l’effetto dannoso della luce dipende dalla sua lunghezza d’onda ovvero dal suo contenuto energetico: le lunghezze d’onda più corte sono più energetiche e quindi più pericolose. (…)
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