Il colosso dell’advertising ha la perniciosa tendenza a “terminare” un servizio Web o un prodotto se questo non raggiunge i risultati sperati. Una “strage” senza fine, che qualcuno si è preso la briga di catalogare in dettaglio. Per non dimenticare.
Google è entrato ufficialmente in attività come marchio societario nel 1998, e in vent’anni la corporation di Mountain View ha contribuito a trasformare in maniera sostanziale il mondo tecnologico moderno. Google è parte integrante della Rete di oggi e, con tutta l’evidenza del caso, di domani, ma durante il suo percorso verso il successo il colosso dell’advertising ha fatto parecchie vittime.
Siti Web, servizi e progetti hardware all’epoca presentati come “rivoluzionari”, e che sono invece diventati parte della lista di fallimenti di un’organizzazione abituata ad abbandonare milioni e milioni di utenti al loro destino, spesso con ben poche cerimonie e garantendo giusto il tempo di scaricare i dati prima di calare la ghigliottina finale.
Il cimitero dei fallimenti o delle “terminazioni” di Google è sempre più affollato e in crescita costante, e qualcuno si è da tempo posto il problema di mantenere una lista dei prodotti di Mountain View che non sono più tra noi. Una di queste liste è Killed by Google, un progetto che, diversamente dalla “concorrenza” (The Google Graveyard, The Google Cemetery), può contare su un’impostazione open source e quindi potenzialmente aperta a chiunque voglia dare il proprio contributo.
La pagina Web di Killed by Google include al momento 149 prodotti “deceduti” comprensivi di app (11), servizi (126) e hardware (12): per ogni prodotto viene indicata la data di nascita e di morte al di sotto della pietra tombale di ordinanza, una breve descrizione esplicativa e un collegamento a un articolo di approfondimento, una notizia o una voce di Wikipedia. I prodotti in via di terminazione occupano la parte iniziale dell’elenco, con una ghigliottina al posto della pietra tombale e la data prevista per la cessazione delle attività secondo le indicazioni date da Mountain View.
Killed by Google mantiene una lista piuttosto puntuale di tutte le “uccisioni” di Google, un elenco che comprende prodotti storici la cui scomparsa fece all’epoca parecchio scalpore come il mai troppo compianto Google Reader, prodotti che ancora sono materia di cronaca odierna come Google Plus, e prodotti, API o servizi che magari hanno cambiato forma divenendo parte integrante di offerte più moderne e recenti come Project Tango (ora noto come ARCore).
Google è diventato il colosso che è oggi sperimentando sempre e provando nuove strade o nuovi mercati, ma dal punto di vista dell’utente finale un mondo di servizi telematici “fondamentali” che cessano improvvisamente di esistere non è certamente il migliore dei mondi possibili. Un servizio come Killed by Google può offrire un’ottima occasione di riflessione e contemplazione, quasi al pari di un cimitero reale, e magari suggerire l’adozione di un approccio un po’ meno entusiasta la prossima volta che il Moloch di Mountain View annuncia l’ennesima “rivoluzione” inesorabilmente destinata a chiudere i battenti tra qualche anno. Secondo molti, il cloud gaming di Stadia è già un ottimo candidato per la prossima lapide del cimitero di Google ancor prima di arrivare ufficialmente sul mercato.