Gli attuali contratti per la fibra in tecnologia FTTC (Fiber To The Cabinet, con ultimo tratto in rame) prevedono balzelli e clausole difficili da digerire. Vincoli contrattuali fino a quattro anni (con pesanti penali in caso di recesso anticipato), costi aggiuntivi per mantenere la piena velocità dopo il primo anno, costi di attivazione linea poco chiari. Uno dei più odiosi è l’obbligo di acquisto o di comodato d’uso del modem, con costo spalmato su più mesi. Odioso per due motivi: il primo è di natura economica, dato che la spesa può arrivare fino a cinque euro ogni mese (pardon, ogni quattro settimane) per 48 rinnovi. Vuol dire che si pagheranno 240 euro per un modem-router Wi-Fi che, a voler essere molto buoni, ha un valore commerciale della metà. Con quella cifra si può comprare un modem Vdsl top di gamma, invece molte volte il dispositivo fornito dal provider è di mediocre qualità.
Ma non è neanche questo il disappunto principale. I provider non forniscono i parametri di configurazione VoIP, quindi si è obbligati a usare il loro modem per non perdere le funzionalità voce. Anche volendo sostituire l’apparato con uno a propria scelta (continuando comunque a pagare i 5 euro aggiuntivi) sarebbe impossibile collegare un telefono per effettuare chiamate vocali da linea fissa. È mai possibile che nel 2018 si deve sottostare ancora a simili imposizioni? Oggi notiamo pratiche da parte dei provider mai viste nel caso delle offerte Adsl, a partire dalla trasparenza dei costi che è notevolmente peggiorata. La speranza per un cambiamento è affidata all’Agcom, che si sta muovendo dopo due interrogazioni parlamentari; sarebbe auspicabile anche una regolamentazione a livello europeo, che in passato si è rivelata molto efficace nell’abbattere i costi di roaming per il traffico cellulare.