Ricordate i Google Glass? Un progetto passato, come una meteora, nel firmamento informatico. Presentati alla Google I/O nel 2012, arrivati – attesissimi e richiestissimi – sul mercato nel 2014, ma sommersi presto dalle critiche e rimasti nell’oblio fino al 2016, quando il colosso di Mountain View ha di fatto cancellato il progetto consumer. A inizio 2014 ho avuto modo di provare un paio di Google Glass (se siete amanti del vintage trovate la prova sul numero 277 di PC Professionale) e – pur con i limiti di un dispositivo ancora acerbo e destinato agli sviluppatori – il mio ricordo è quello di un dispositivo innovativo, in grado di ritagliarsi il suo spazio nel segmento dei wearable.
Ma perché allora questo fallimento? Il diavolo si nasconde nei dettagli e il vero “difetto” dei Google Glass è in realtà una loro funzionalità: la capacità di registrare foto e video. E siamo al paradosso, in un mondo in cui la stragrande maggioranza di noi pubblica, nel dettaglio, la propria vita sui social network, i Google Glass attentavano alla privacy. Messi presto al bando in molti luoghi commerciali, gli utenti erano visti come voyeur digitali e il dispositivo ribattezzato glassholes, proprio per dare l’idea di una soluzione per guardoni che spiano dal buco della serratura. Impossibile indossarli ed entrare al ristorante, o in un locale. Impensabile, quindi, per chi volesse utilizzarli anche con la loro funzione originaria, ovvero occhiali da vista. Come avere uno smartwatch che non può darvi l’ora. La registrazione foto/video è una funzione, di per sé, utilissima in molti ambiti, tanto che a fine 2017 è stata presentata la versione aggiornata dei Google Glass, la Enterprise Edition, riservata però al solo ambito professionale.
Il flop dei primi Google Glass non è stata però una bocciatura tout court di questo wearable in ambito consumer e sono molti i colossi che stanno lavorando – senza troppo clamore, ben consapevoli del fallimento della soluzione di Google – su una loro versione. A uscire recentemente allo scoperto è stata Intel che, a inizio febbraio, ha dato la possibilità a un giornalista di The Verge di “provare” in anteprima Vaunt, il suo reference design per gli smart glass.
Un progetto che è radicalmente diverso dai Google Glass; scordatevi una vera realtà aumentata, con sovrapposizione tra mondo reale e informazioni, e pensatelo come dispositivo con un mini display, monocromatico e testuale, in grado di mostrarvi le notifiche del vostro smartphone. Una soluzione davvero poco “smart”. È vero, si tratta ancora di un prototipo, e nulla vieta di ampliare le sue funzioni, a partire dal controllo vocale. Ed è altrettanto vero che i Vaunt sembrano un normale occhiale da vista, un aspetto non certo secondario, se non si vuole rischiare la ghettizzazione degli utenti già vista con i Google Glass. Quello che mi chiedo, però, è se davvero sentiamo la mancanza di un wearable “intelligente, ma non troppo”.