Domani a Montecitorio si tiene l’esame della Legge Comunitaria (A.C. n. 4623-A) in cui è stato introdotto (art. 18) l’emendamento proposto dall’on. Fava che prevede la responsabilità dei fornitori dei servizi di comunicazione per i comportamenti tenuti dai propri utenti sui siti. Secondo Confindustria Digitale, che raccoglie al suo interno le principali associazioni di imprese del settore da Assotelecomunicazini-Asstel, Assinform ad Aiip e Anitec, si tratta di un emendamento che avrebbe conseguenze depressive sul nascente mercato dell’e-commerce in Italia e sullo sviluppo del web nel nostro paese. L’articolo in questione infatti è stato inserito con l’intento di fermare la pirateria nel settore audio-visivo costringendo di fatto i provider a controllare ogni bit che transita sulle loro reti. Per questo Confindustria Digitale ha inviato una lettera ai deputati membri della IX Commissione della Camera (trasporti, poste e tlc), ai capigruppo e agli onorevoli firmatari di emendamenti soppressivi chiedendo l’eliminazione di tale articolo che porterebbe nei fatti i provider ad esercitare un controllo e una censura preventiva dei contenuti degli utenti, ledendo i diritti di privacy dei cittadini. Inoltre la conseguenza sarebbe di disallineare le norme italiane del commercio elettronico da quelle europee ed internazionale, senza essere certi dell’efficacia di tali provvedimenti al fine del contrasto alla contraffazione. Secondo Confindustria Digitale il nostro ordinamento prevede già una serie di strumenti in grado di garantire che i reati legati alla contraffazione vengano giustamente perseguiti: “La legge, infatti, impone agli operatori di segnalare alle autorità le notizie di violazione che ricevono da parte di chi si qualifica come titolare dei diritti ed, essendo la repressione dei reati e le relative indagini prerogativa esclusiva della magistratura, non è consentita alcuna surroga da parte dei privati”. Vedremo domani come si comporterà il Parlamento e se l’appello giunto dal mondo Ict sarà stato ascoltato.
Per Confindustria Digitale l’emendamento non solo è dannoso, ma anche inutile, in quanto l’ordinamento già prevede una serie di strumenti in grado di assicurare il perseguimento dei reati legati alla contraffazione, che rientrano nell’ambito del diritto penale. “La legge, infatti, impone agli operatori di segnalare alle autorità le notizie di violazione che ricevono da parte di chi si qualifica come titolare dei diritti ed, essendo la repressione dei reati e le relative indagini prerogativa esclusiva della magistratura, non è consentita alcuna surroga da parte dei privati”.
Insomma, tutto il settore dell’Ict è unanime nel chiedere al Parlamento di considerare la soppressione dell’articolo introdotto dal cosiddetto emendamento Fava nella Legge comunitaria, “a favore dello sviluppo dell’innovazione tecnologica, della diffusione dell’e-commerce e delle piccole e medie imprese italiane, in un contesto che confermi la coerenza e la compatibilità della normativa italiana a livello nazionale ed europeo, anche in considerazione del preannunciato processo di revisione della direttiva comunitaria che ha dettato il quadro giuridico per il commercio elettronico”.