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Le emoji WhatsApp diventano una prova utilizzabile nei processi

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Le emoji WhatsApp diventano una prova utilizzabile nei processi

Martina Pedretti | 8 Marzo 2025

WhatsApp

Le emoticon di WhatsApp possono essere utilizzate come prove nei processi civili e penali: le nuove sentenze e cosa cambia.

Le emoji di WhatsApp diventano prove nei processi: ecco cosa dice la legge

Attenzione a quello che mandate nelle chat ai vostri conoscenti! Le emoji di WhatsApp, così come i messaggi scritti e vocali, possono ora costituire prove utilizzabili nei procedimenti giudiziari.

Come riporta Italia Oggi, diversi tribunali italiani hanno riconosciuto le emoticon come elementi probatori nei processi. Tuttavia, l’acquisizione di tali prove deve rispettare le normative sulla privacy, altrimenti rischiano di essere dichiarate inammissibili.

  • Il Tribunale di Foggia, con la sentenza n. 1092/2022, ha stabilito che l’invio di emoticon a forma di cuore all’amante può costituire causa di addebito della separazione. Gli screenshot, insieme alle testimonianze, hanno permesso di datare l’inizio della relazione extraconiugale durante il matrimonio, in assenza di tensioni nella coppia.
  • Il Tribunale di Napoli, nella sentenza n. 522 dell’8 febbraio 2025, ha riconosciuto che un semplice “ok” in una chat può rappresentare l’accettazione di spese straordinarie per i figli, dando diritto al rimborso al genitore che le ha sostenute.
  • La sesta sezione civile del Tribunale di Milano, con la sentenza n. 823/25, ha affermato che un messaggio su WhatsApp o una e-mail possono provare un piano di rientro accettato dal creditore, senza la necessità di una PEC o di firme digitali.
  • Il Tribunale di Torre Annunziata, in una sentenza pubblicata il 29 dicembre 2024, ha stabilito che un messaggio vocale può revocare un decreto ingiuntivo. Se il contenuto della chat può essere utilizzato come prova legale, lo stesso vale per un audio inviato tramite app di messaggistica, da cui si evince la volontà di recedere da un contratto. Questo è valido in assenza di disconoscimento da parte dell’interessato.

Inoltre, un’ordinanza della Corte di Cassazione depositata il 20 febbraio 2025 ha stabilito che non è possibile addebitare la separazione coniugale basandosi su screenshot ottenuti illecitamente dal cellulare del coniuge, anche se dimostrano l’infedeltà. Questo evidenzia che, sebbene le conversazioni salvate tramite screenshot possano rappresentare prove valide, la loro utilizzabilità dipende dalla modalità di acquisizione. In ambito penale, dove non è richiesta una prova legale rigorosa, tali dati possono essere liberamente utilizzati dal magistrato. Diversamente, nel contesto civile è necessario un maggiore rigore: le prove devono essere legali e il giudice può attribuire loro un valore prestabilito.

L’evoluzione tecnologica e l’uso diffuso delle applicazioni di messaggistica istantanea hanno quindi portato i tribunali a confrontarsi con nuove forme di comunicazione, come le emoji di WhatsApp. State dunque attenti a come le utilizzate!