Secondo la sentenza emessa pochi giorni fa, le imprese non dovrebbero essere soggette al pagamento dei compensi per copia privata sui prodotti ad uso professionale.
La Corte di Giustizia della Comunità Europea si è pronunciata lo scorso 21 ottobre sul caso Padawan (azienda che commercializza supporti ottici di memorizzazione) stabilendo che l’applicazione del compenso per copia privata è giustificato solo là dove la riproduzione di contenuti digitali sia stata effettuata da una persona fisica e ad uso personale, e non quando si tratta di prodotti ad uso professionale.
Nel caso Padawan, la società spagnola era stata accusata dalla SGAE (l’equivalente della nostra SIAE in Spagna) di non aver corrisposto “Il prelievo per copie private” relativo ai supporti digitali commercializzati (Cd-R, Cd- Rw, Dvd e lettori Mp3) negli anni compresi tra il 2002 w il 2004 ed era stata condannata al pagamento di una multa. Nel rifiutarsi di adempiere a tale sanzione, la Padawan ha fatto ricorso, appellandosi alla legge attuativa spagnola della direttiva europea, che consente l’applicazione dell’equo compenso solo nell’ambito della riproduzione di copie ad uso privato.
La Corte di Giustizia Europea è stata così chiamata in causa nel decidere quali criteri si debbano prendere in considerazione ai fini della determinazione dell’importo e del sistema di riscossione dell’«equo compenso» e ha confermato che il compenso per copia privata non è volto a compensare il titolare dei diritti per le copie illegali.
L’ammontare del compenso, precisa la sentenza, deve essere strettamente correlato all’effettivo pregiudizio arrecato ai detentori dei diritti, e là dove questo sia minimo, il pagamento del compenso non è dovuto.
La decisione della Corte di Giustizia Europea è stata accolta dall’industria ICT e in particolare dall’ANIE- ANITEC (le Associazioni che fanno capo a Confindustria) con grande soddisfazione: il legislatore ha riconosciuto come iniqui i metodi utilizzati dalle varie società collettrici del diritto d’autore per calcolare i compensi per copia privata. “Il caso Padawan apre la strada al cambiamento” afferma Maurizio Tucci, presidente di Anitec (l’Associazione nazionale Industrie Informatica, telecomunicazioni ed Elettronica di Consumo) “È un chiaro segnale che i legislatori europei riconoscono l’importanza di adeguare questo sistema obsoleto a uno allineato con la realtà digitale nella quale viviamo oggi”. Nella determinazione dei compensi per copia privata — ha aggiunto il presidente Tucci — devono essere contemperati gli interessi di tutte le parti coinvolte: consumatori, titolari dei diritti, produttori”.
Questa sentenza insomma ci dice che il sistema vigente dell’equo compenso rispecchia un periodo storico ormai datato, in cui tecnologie e applicazioni digitali non facevano parte della vita di tutti i giorni e che quindi sarà necessario trovare una più equa rideterminazione, comune a tutti i paesi europei. Speriamo che la decisione della Corte di Giustizia Europea faccia giurisprudenza e che il dibattito sull’equo compenso si riapra presto anche in Italia.
Equo compenso: un no dalla Corte di Giustizia Europea
Secondo la sentenza emessa pochi giorni fa, le imprese non dovrebbero essere soggette al pagamento dei compensi per copia privata […]