Le proteste di Black Lives Matter contro la brutalità delle forze di polizia statunitensi continuano ad avere contraccolpi sul mondo tecnologico. Entra in gioco anche GitHub, la piattaforma di hosting del codice sorgente che censura i tool di tweaking del software del “padrone” (Microsoft) ma che, soprattutto, non può fare a meno del politicamente corretto anche nei termini prettamente informatici.
I massimi vertici di GitHub hanno infatti confermato di essere al lavoro per eliminare e sostituire espressioni come “master” e “slave”, oppure “blacklist” e “whitelist”. Termini da sempre comuni in ambito tecnologico, ma che nel nuovo clima di violenza e abusi sui neri a stelle e strisce dovrebbero lasciare il posto a soluzioni alternative come “main/default/primario” e “secondario”, “allow list” e “deny/exclude list”.
GitHub è già al lavoro per implementare la novità, ha confermato il CEO della corporation Nat Friedman, con un meccanismo di revisione storica contro quei termini che sono oggi considerati un “riflesso della cultura razzista.” Un modo per continuare a “rafforzare e legittimare” lo stesso approccio che ha portato al brutale assassinio di George Floyd negli USA.
Il revisionismo tecnologico tendente al politicamente corretto non riguarda solo GitHub ma anche altre importanti aziende e iniziative hi-tech, impegnate in prima persona o “spinte” dai loro dipendenti e collaboratori ad adottare il nuovo approccio. Un movimento che ha già coinvolto Android, il linguaggio di programmazione Go, OpenZFS, LinkedIn e tanti altri.