Dopo Microsoft e Apple, anche Google ha ora annunciato il suo servizio di app ad abbonamento: Play Pass permetterà di scaricare “centinaia” di app Android con un piccolo obolo mensile, senza pubblicità o acquisti in-app.
Le nuove piattaforme di software e app-come-servizio (SAAS) vanno sempre più di moda presso le grandi corporation di rete. Soprattutto sul fronte videoludico, i colossi hi-tech accarezzano la prospettiva di trasformare ogni utente in un abbonato, costretto a pagare un obolo mensile per accedere alle sue app e ai suoi giochi preferiti. L’ultima iniziativa in tal senso riguarda ancora una volta Google, che con Play Pass vuole offrire centinaia di app di qualità agli utenti Android dietro il pagamento di qualche dollaro al mese. Tutti i mesi. Per sempre.
Google Play Pass è sostanzialmente figlio della stessa mania che ha generato offerte quali Apple Arcade, Xbox Game Pass e, sul fronte dello streaming, la piattaforma Stadia sempre gestita da Google. Pagando $5 dollari al mese, dice Google, l’utente potrà accedere a un buon numero di app e giochi selezionati senza doversi sorbire advertising o inviti continui a fare acquisti in-app da parte degli sviluppatori.
Per promuovere il nuovo servizio Play Pass, Google ha intenzione di offrire un abbonamento calmierato di $2 al mese a un numero limitato di utenti (fino al prossimo 10 ottobre); tra le esperienze accessibili al day-one, Mountain View sottolinea la presenza di giochi del calibro di Limbo, Thimbleweek Park, Titan Quest, Terraria, Reigns: Game of Thrones e tanti altri.
Diversamente da Apple Arcade e da altre offerte della concorrenza, Google Play Pass includerà anche app “generaliste” che poco hanno a che fare con i videogiochi o il casual gaming; anche l’esclusività non sembra essere una caratteristica indispensabile, mentre sviluppatori e aziende verranno ovviamente ricompensati in maniera diversa rispetto ai soliti canali pubblicitari di Google Play.
Google Play Pass sembra insomma essere una declinazione “ad-free” e un po’ più curata della variante standard dello store Play, una prospettiva che potrebbe forse rivelarsi insufficiente per invogliare l’utenza a fare il grande passo verso il software e le app ad abbonamento vita natural-durante.