Google si piega in parte alle proteste giunte dall’Europa di voler modificare i capisaldi del diritto d’autore con il suo Books Settlement e propone una revisione dell’accordo alla Corte di Giustizia Americana che deve pronunciarsi a breve in maniera definitiva sulla questione.
Com’è noto il progetto di digitalizzazione e messa in vendita on line di tutte le opere, anche quelle fuori catalogo e senza il consenso dei rispettivi autori, era piaciuto poco all’Europa e alle varie associazioni di editori ed autori e infatti Google ne ha ora limitato l’estensione.
L‘accordo rivisto e corretto ora include solo i testi registrati sotto il Copyright office degli Stati Uniti, o pubblicati in Uk, Australia e Canada.
Dopo aver ascoltato i feedback giunti dagli autori stranieri, spiega Google nel suo blog, si è deciso di limitare l’accordo solo ai paesi che condividono un medesimo orientamento legislativo sulla materia e un approccio simile all’industria dell’editoria. pertanto gli autori provenienti da Inghilterra, Australia e Canada saranno coinvolti nel Books Settlement e saranno anche rappresentati nel board del Book Rights Registry.
Nel blog Google si dice dispiaciuta di non aver potuto estendere il Books Settlement al più ampio numero di paesi, com’era nelle sue intenzioni iniziali, ciò non toglie che saranno mantenuti comunque rapporti con i detentori dei diritti d’autore dei paesi esclusi e con le relative organizzazioni che li rappresentano, per cercare di raggiungere accordi simili che rendano disponibili le loro opere su scala mondiale. Ad ogni modo editori e autori di tutto il mondo possono partecipar al programma dei partner Google che prevede una generazione di profitti.
Poco tempo fa Sergey Brin, uno dei fondatori di Google, aveva ribadito il vero valore del Books Settlement: “sebbene vi sia un immenso patrimonio culturale custodito nelle nostre biblioteche, il fatto che esso non sia facilmente accessibile a tutti nel mondo, lo rende di fatto perduto”.
Brin si riferiva soprattutto alle opere fuori catalogo, di cui non viene più stampata nessuna edizione, la cui digitalizzazione porterebbe alla luce libri altrimenti inaccessibili.
L’altro problema riguardava le cosiddette opere orfane (ovvero di cui non si conosce l’autore); nella nuova versione l’accordo stabilisce che una porzione dei profitti derivanti dalle loro vendite, potrà essere utilizzata, dopo cinque anni, al fine di scoprire i detentori dei diritti, ma non resterà , come invece prevedeva il precedente accordo, a disposizione dei Registro dei diritti d’autore di Google, né sarà distribuita tra altri autori. Se dopo dieci anni non dovesse essere reclamato da nessuno il diritto d’autore su quell’opera, i profitti derivanti dalle vendite potranno essere devoluti a organizzazioni benefiche. Vien inoltre introdotta, sempre per le opere orfane, la figura di una garante che rappresenta e protegge gli interessi dei loro autori, seppur sconosciuti, promuovendo la vendita di tali opere a terze parti.
Google ribadisce inoltre l’apertura del suo Books Settlement agli altri on line retailer: Amazon.com e Barnes&Noble come altri retailer locali potranno vendere l’accesso on line alla vasta quantità di libri fuori catalogo e usciti dalla stampa che il programma di digitalizzazione avviato da Google, porterà a mano a mano alla luce. Ai detentori dei diritti d’autore andrà il 63% degli introiti, mentre i retailer manterranno il rimanente 37%.
Per quanto riguarda i modelli di fruizione delle opere da parte degli utenti restano confermati quelli precedentemente stabiliti nel Settlement: le opere saranno messe in vendita in modalità print on demand, o come download di file singoli, o sotto forma di abbonamento, salvo diverse indicazioni espresse dall’autore (che potrebbe ad esempio decidere di distribuire gratuitamente la propria opere, oppure sotto licenza Creative Commons). Gli autori potranno decidere anche quali porzioni dei propri testi rendere visibili on line gratuitamente e che limite porre al numero di pagine stampabili.