Torniamo ad occuparci di Google Translate, il servizio per le traduzioni di Big G, per riportarvi una notizia molto interessante rilasciata dagli stessi ingegneri della società di Mountain View: la nuova intelligenza artificiale che supporta il processo di traduzione, infatti, per convertire delle frasi da un idioma all’altro fa ricorso da una sua “lingua”.
Dopo aver istruito la macchina a compiere le traduzioni dalla lingua inglese a quella coreana (nonché il processo inverso) o ad una delle altre lingue supportate nella nuova feature, gli ingegneri di Big G si sono domandati se l’intelligenza artificiale fosse poi in grado di sfruttare quanto appreso (per esempio nella traduzione tra inglese e coreano) per procedere ad una traduzione verso un’altra lingua, senza tuttavia passare per l’inglese.
I test condotti dai ricercatori hanno permesso di stabilire che l’intelligenza artificiale è in grado di agire proprio in questo modo: in sostanza, il sistema è in grado di utilizzare una sua propria “lingua” base, un vocabolario in cui sono raccolti i significati dei lemmi e delle frasi, per poter poi compiere così un’operazione di zero shot translation.
Non è chiaro come questa operazione sia stata compiuta dall’AI di Google, proprio perché la rete neurale – dopo le istruzioni iniziali – è poi in grado di apprendere di continuo, affinando le sue conoscenze e i metodi applicati per diventare sempre più abile nello svolgimento dell’attività , con il risultato che non è semplice comprendere quali siano le ragioni in base alle quali il Google Neural Machine Translation abbia “inventato” una sua “lingua”.
Questo incredibile risultato ottenuto dai laboratori di ricerca di Mountain View va di pari passo con la notizia della crittografia ideata dall’intelligenza artificiale di Google per impedire che i messaggi scambiati dalla macchina fossero decifrabili da terzi: quali saranno i prossimi sviluppi nell’ambito AI ottenuti dagli ingegneri di Big G?