Huawei è costretta a fronteggiare un futuro sempre più incerto. Ora ci si mette anche TSMC, la fonderia taiwanese che per soddisfare i desiderata della politica USA in salsa Trumpiana interromperà la fornitura di chip alla corporation cinese dopo il 14 settembre 2020. Per il momento Huawei non rischia, ma le prospettive dei prossimi anni si fanno a dir poco confuse.
A confermare l’interruzione dei rapporti con Huawei è stato lo stesso presidente di TSMC Mark Liu, che ha chiamato in causa la nuova legislazione americana e l’obbligo, per le aziende che usano strumenti e progetti made-in-USA, di chiedere una licenza dedicata per fare business con la corporation di Pechino.
Liu ha confermato che TSMC non accetta più ordini di Huawei dal 15 maggio scorso, e che l’ultima spedizione dei chip prodotti sulla base degli ordini già in essere avverrà il 14 settembre. A quel punto TSMC potrebbe chiedere una licenza a Washington, ma stando a quanto dichiarato da Liu la capacità produttiva in precedenza dedicata a Huawei è già stata impegnata per i chip di altre aziende hi-tech (presumibilmente NVIDIA e AMD).
Il business di TSMC non dovrebbe quindi subire alcun contraccolpo dall’interruzione dei rapporti con Huawei, ma per la corporation cinese la storia è decisamente diversa. La fonderia taiwanese ha fin qui realizzato i SoC Kirin e altri progetti a base di circuiti integrati usati negli smartphone Huawei, e l’azienda avrebbe in magazzino riserve di chip e “componenti essenziali” per un anno o due. Nella peggiore delle ipotesi, terminata la scorta Huawei potrebbe trovarsi nella sostanziale impossibilità di continuare a competere con i colossi di settore in patria e all’estero.