Intel specifica in maniera forte l’implementazione sul proprio disco della tecnologia di compressione dei dati, peculiarità a dire il vero del controller SandForce e presente sulla maggior parte dei concorrenti. Questa tecnologia è molto utile nei casi in cui i dati da scrivere sul disco siano altamente comprimibili, se così fosse in controller effettua una compressione in tempo reale dei dati che vengono poi scritti in maniera estesa sulle celle. Grazie a questo è possibile raggiungere velocità di scrittura di oltre 500 Mbyte/s, mentre ci si limita a circa 235 Mbyte/s quando i dati non sono comprimibili. Il lavoro di Intel non si è però limitato a una semplice integrazione del controller SandForce con le proprie celle di memoria migliori, ma anche a una personalizzazione del firmware con algoritmi di gestione che ne dovrebbero migliorare le prestazioni complessive.
Il modello che abbiamo provato, da 240 Gbyte, si mostra estremamente veloce in tutti i benchmark effettuati. Rispetto ai dati di targa già molto elevati i risultati sono eccellenti, con valori di oltre 550 Mbyte/s in lettura sequenziale e 520 Mbyte/s in scrittura, anche in questo caso sequenziale. Confrontato con i dischi allo stato solido che hanno partecipato alla comparativa presente sul numero di gennaio di PC Professionale, il modello Intel risulta in ogni caso superiore. Da tenere in considerazione però che il disco provato è in realtà di capacità doppia e quindi mediamente più veloce rispetto a quei modelli da 120 Gbyte. Nei test più approfonditi, valutando le velocità di trasferimento quando i dati sono disposti casualmente sul disco si può vedere come i risultati ottenuti siano estremamente favorevoli. L’unione del controller SandForce con le celle sincrone di produzione Intel permette di operare indistintamente su blocchi dati da 2 Mbyte o da 512 Kbyte, con risultati che si avvicinano moltissimo al massimo teorico ottenibile con dati sequenziali. In particolare si sfiorano i 530 Mbyte/s in lettura e i 490 Mbyte/s in scrittura casuale, valori che superano di oltre 100 volte quelle di un disco meccanico per notebook. Con piccoli blocchi da 4 Kbyte i valori sono inoltre eccellenti, con 268 Mbyte/s in lettura e 110 in scrittura il disco Intel risulta il più veloce che ci sia mai capitato di provare, con valori anche doppi rispetto ai migliori dischi analizzati finora. Le Iops relative sono di conseguenza estremamente alte: il disco può infatti gestire in modalità casuale quasi 70.000 operazioni al secondo in lettura e 28.400 in scrittura, analizzate secondo i nostri test di laboratorio. Questi dati sono inferiori a quelli di targa semplicemente perché i nostri test sono molto severi e studiati per mettere in difficoltà i dischi. Questi valori sono comunque nettamente superiori a ogni altro disco analizzato.
In ogni caso è dopo un utilizzo quotidiano del disco che si intuiscono le vere migliorie introdotte da Intel nel software di controllo SandForce. Lo sviluppo di un firmware proprietario ha infatti permesso notevoli progressi rispetto ai già eccellenti risultati del controller base. L’utilizzo del disco è infatti più fluido rispetto a qualunque concorrente e non si rileva alcuna indecisione o tentennamento. Con altri dischi può capitare di avvertire leggerissimi rallentamenti, mentre con questo modello non capita praticamente mai. Oltre ai numeri da record fatti segnare nella maggior parte dei test il disco Intel ha dunque una componente velocistica superiore che è difficile tradurre in numeri ma che si avverte chiaramente durante il suo utilizzo quotidiano.
I prezzi al pubblico sono nel complesso molto buoni, per un prodotto davvero al top della gamma con pochissimi rivali diretti. Il costo di circa 1,7 euro al Gbyte è sensato e permette di avere a disposizione una buona capacità a un costo tutto sommato abbordabile. Molto interessanti anche i tagli intermedi di 120 e 180 Gbyte, che offrono il giusto spazio a prezzi più abbordabili rispetto al modello da 240 Gbyte soggetto di questa prova.