Il nome IBM Watson è molto famoso tra chi ha seguito i progressi dell’intelligenza artificiale nel corso degli ultimi anni: l’AI dell’azienda statunitense – dopo aver sconfitto avversari umani in quiz televisivi, esser diventata parte integrante di esperimenti in tanti ambiti differenti e sbarcare nel mondo della sanità – è stata anche utilizzata per realizzare un’edizione speciale della rivista britannica di marketing The Drum.
Il numero speciale realizzato con il contributo di IBM Watson, è contraddistinto dalla presenza di contenuti realizzati dal supercomputer dell’azienda statunitense, come per esempio, risposte a quesiti che riguardano il mondo pubblicitario, approfondimenti di vario tipo, e al tempo stesso, anche per offrire una previsione circa il nome dei vincitori del premio del Festival Internazionale della Creatività di Cannes
Nell’eseguire tutte queste operazioni complesse, la macchina di IBM è stata in grado di mettere in evidenza quelle che sono le sue capacità di analizzare il linguaggio e, ancora, di elaborare in maniera efficiente i dati. All’interno di questa speciale edizione digitale di The Drum, si trova anche il punto di vista di David Kenny – a capo di IBM Watson – sulla probabile evoluzione che il supercomputer avrà nel corso dei prossimi anni.
L’obiettivo più importante che gli ingegneri del colosso statunitense si sono posti al riguardo, è quello di riuscire a dotare il supercomputer della cosiddetta logica dell’abduzione, affinché la macchina sia in grado di sostenere una conversazione e un vero dialogo con gli esseri umani, affinché possa apprendere attraverso queste interazioni migliori capacità creative, in grado di progredire grazie all’esperienza acquisita nel tempo.
Il ruolo di Watson – secondo David Kenny – è quello di supportare le persone nelle decisioni, grazie alla sua capacità di leggere fino a 800 milioni di pagine per secondo e di fare ipootesi e valutazioni sfruttando la sua capacità di apprendere e comprendere grosse quantità di dati in tempi brevissimi.
Non sostituirà – sempre secondo il responsabile IBM – l’uomo nel lavoro.