Grazie all’IoT la realtà del mondo odierno è cambiata: non tanto nella sua natura, bensì nella percezione che abbiamo di essa. Gli sviluppi e i progressi tecnologici hanno permesso all’uomo di acquisire dalla realtà che da sempre lo circonda molti più dati, grazie ai quali è possibile realizzare analisi più accurate, condurre ricerche più approfondite, ottenere risultati più soddisfacenti. È proprio l’acquisizione di dati il cavallo di battaglia del futuro, che implica ovviamente anche il loro salvataggio, elaborazione e condivisione.
L’elettronica, l’informatica e più in generale le scienze matematiche ci permettono di svolgere queste operazioni grazie a sensori e dispositivi sempre più aggiornati, sofisticati, miniaturizzati, veloci e precisi. Una volta acquisiti, questi dati possono essere immediatamente elaborati in base alla necessità applicativa (pensiamo ad esempio al funzionamento dell’Abs delle nostre automobili), salvati e condivisi. Ed è proprio quest’ultimo aspetto della condivisione in cloud che fa nascere questa rete delle “cose”, ovvero oggetti che grazie a hardware e software sono capaci di scambiare informazioni con altri oggetti anch’essi connessi.
Secondo il noto centro di ricerca e statistica Gartner, i dispositivi attualmente connessi sono circa 8 miliardi e la stima per il futuro risulta essere oltre i 20 miliardi nel 2020. L’IoT sembra quindi interessare ogni aspetto della nostra vita e i suoi campi applicativi sono davvero tantissimi. Si possono sintetizzare nelle seguenti aree chiave: Building & Home Automation, Smart Cities, Automotive, Smart Manufacturing, Retail, Energy, Wearable Devices, Health Care, Precision Agriculture. Oltre a questi ci sono campi più specifici, come il settore militare e aerospaziale, che non riguarderanno direttamente la maggior parte della popolazione e dei quali purtroppo non saremo particolarmente aggiornati e informati.
La peculiarità dell’IoT non risiede solo nell’avere i dispositivi connessi nella rete che acquisiscono e condividono dati, bensì nel cercare e fornire soluzioni in tempo reale. Se pensiamo infatti alla nostra vita di tutti i giorni, possiamo ad esempio ricevere indicazioni per trovare il percorso meno trafficato e più veloce per raggiungere la destinazione impostata sul navigatore, il benzinaio aperto più vicino, il parcheggio disponibile più prossimo al luogo di arrivo. In ambito domestico, il frigorifero intelligente ci ricorderebbe quali prodotti di nostro consumo abituale sono terminati, così come in ambito personale il nostro smart watch potrebbe ricordarci di prendere una pillola a una determinata ora o fornirci indicazioni in tempo reale sul nostro stato di salute monitorando ad esempio la pressione sanguigna o il battito cardiaco.
In generale, per tutti i campi applicativi ciò che ci viene proposto da questa nuova rete è tipicamente rivolto a ottenere maggior efficienza, ottimizzando gestione e processi, riducendo i costi. Queste performance sono conseguite grazie a software di analisi dati installati su computer anch’essi connessi, in grado di elaborare l’enorme volume di dati posti in condivisione dall’IoT. Idealmente, l’obiettivo da raggiungere è quindi quello di migliorare la qualità della nostra vita, aiutati da tutti questi smart devices capaci di analizzare la realtà, acquisire dati, condividerli, elaborarli e trovare soluzioni.
Parallelamente a questi aspetti pratici e funzionali, sono presenti altri temi tanto importanti quanto difficili da trattare quali la privacy e la sicurezza. Infatti, a causa dell’IoT noi siamo costantemente monitorati, analizzati, categorizzati e catalogati. E non è certo un aspetto secondario o da sottovalutare. Il Garante italiano insieme alle authority di altri 25 paesi del Mondo riunite nel Global Privacy Enforcement Network (GPEN), a seguito di un’indagine (Privacy Sweep) condotta nel 2016 su un campione di circa 300 dispositivi, hanno già espresso il loro parere negativo in merito, sottolineando non solo problematiche a livello tecnico sulla sicurezza dei dati, ma anche dal punto di vista informativo e della consapevolezza dell’utente.
Più del 60% dei dispositivi non ha superato l’esame, evidenziando quindi sia il rischio di hacking sia la mancanza di documentazione che possa offrire informazioni adeguate su raccolta, conservazione e divulgazione dei dati.
Nel prossimo futuro, viste le già citate previsioni sull’enorme espansione dell’IoT, sarà quindi necessario definire precise linee guida che possano migliorare la situazione, garantendo privacy e sicurezza.