La perdurante pandemia di COVID-19 ha avuto, sta avendo e avrà conseguenze significative su grandi aziende e interi settori commerciali. Uber sanguina per miliardi di dollari, Microsoft e gli altri colossi hi-tech implementano lo smart working sul lungo periodo mentre i clienti finali cambiano, in maniera spesso radicale, le abitudini di spesa.
La necessità di implementare un regime di didattica a distanza accanto alla riapertura delle scuole negli USA ha spinto i responsabili dei distretti scolastici a ordinare nuovo materiale informatico. Laptop, o anche gadget di fascia bassa come i Chromebook, sono indispensabili all’insegnamento ma sostanzialmente introvabili a dire dei grandi produttori di settore.
Lenovo, HP e Dell hanno confermato ai diretti interessati di non avere a disposizione 5 milioni di laptop in relazione alla richiesta da parte dei dirigenti scolastici. Non bastasse il COVID-19, l’amministrazione Trump ha imposto sanzioni contro diverse aziende cinesi impegnate nella produzione di portatili marcati Lenovo.
C’è chi ha ordinato 12.500 Chromebook Lenovo a maggio, chi ha richiesto 5.000 portatili HP in tempo per il primo giorno di scuola. La risposta è sempre la stessa: i fornitori lavorano a rilento (o non lavorano affatto), e la richiesta è superiore alle capacità di produzione attualmente disponibili.
Laddove l’offerta supera la domanda è invece nel mercato degli smartphone, che incassa l’impatto del COVID-19 in maniera diametralmente opposta al mercato dei PC. Secondo le ultime stime di Gartner, anche il secondo trimestre del 2020 si è chiuso con un crollo del -20% nella vendita globale di terminali mobile. Samsung è quella messa peggio (-27,1%) prima di Xiaomi (-21,5%) e OPPO (-15,9%), mentre Apple se la cava con molti meno danni (-0,4%).