Il sistema operativo di Apple per desktop e notebook è un evidente indicatore delle scelte dell’azienda in tema di sviluppi futuri. Il cambio di nome, dai grandi felini agli scenari californiani, sottolinea quanto OS X 10.9 rappresenti un cambiamento per la società di Cupertino. Con Mavericks si abbandona la linea grafica contraddistinta dall’abusato vocabolo “scheumorfismo” (nella quale si cercava di riprodurre nell’interfaccia utente l’aspetto di oggetti fisici, come il calendario dalle pagine strappate) in favore di un’essenzialità estetica che inevitabilmente richiama iOS 7. Le innovazioni introdotte da Mavericks non si limitano all’aspetto: esaminiamo quali componenti del sistema operativo sono cambiate e scopriamo quali vantaggi questa release di OS X, dal prezzo imbattibile, può portare agli utilizzatori di desktop e soprattutto di sistemi portatili. Autonomia migliorata, gestione della memoria più efficiente, maggiore sicurezza e nuovi strumenti per chi sviluppa.
Per utilizzare Mavericks occorre un Mac, desktop o laptop, con gli stessi requisiti indicati un anno e mezzo fa per OS X 10.8 Mountain Lion: 2 Gbyte di Ram, almeno 8 Gbyte di spazio libero su disco e la presenza di una versione di OS X non più anziana di Snow Leopard, 10.6. Le macchine meno recenti indicate come supportate sul sito di Apple sono iMac (i modelli da metà 2007), Mac Book (da Aluminum 13 pollici, fine 2008), Mac Book Pro (13 pollici, metà 2009, 15 pollici, metà 2007, 17 pollici fine 2007), Mac Book Air (fine 2008), Mac Mini (inizio 2009) Mac Pro (inizio 2008) e gli Xserve (inizio 2009).
In tutti questi sistemi è sufficiente lanciare l’applicazione App Store ed eseguire l’aggiornamento del sistema operativo. Si inizia così un download di quasi 5,3 Gbyte al cui termine viene eseguita la vera procedura di installazione. Questa non presenta sostanziali modifiche da quella già sperimentata con Mountain Lion: è possibile solo selezionare il disco di destinazione del nuovo sistema operativo e attendere il fisiologico riavvio del computer che porterà definitivamente a termine la copia dei file.
I tempi sono ovviamente condizionati dalla larghezza di banda disponibile, la fase di installazione al termine del download ha richiesto poco meno di trenta minuti sulle nostre tre macchine di prova, di generazioni diverse.
Al termine il file con i dati per l’installazione viene cancellato dal disco fisso per recuperare spazio. Se si intende eseguire l’installazione su più Mac, solo nel caso non si disponga di una connessione Internet veloce, potrebbe essere suggeribile copiare il file “Installa OS X Mavericks” su una chiavetta o su un Dvd prima della fase di installazione, per evitare download ripetuti. Questa operazione non è suggerita dalla documentazione Apple, che invece raccomanda il download attraverso App Store per ogni macchina.
Finder
L’applicazione più utilizzata, dalla nascita del primo Macintosh, è quella di cui Apple ha sempre lasciato trasparire riluttanza a innovare. Vuoi per mantenere costante una modalità di utilizzo familiare a una vasta base di utenza, vuoi per complessità tecniche e architetturali.
Con Mavericks è finalmente disponibile la stessa modalità di visualizzazione con tabulatori che da anni ci accompagna su Safari, finora ottenibile con tool di terze parti. Si possono tenere aperte più visualizzazioni nella stessa finestra del Finder senza più affollare eccessivamente la scrivania. Per aprire un nuovo Tab si utilizza la scorciatoia Command-T oppure il simbolo + che appare alla destra di ogni tabulatore. I Tab possono essere riordinati o spostati fuori dalla finestra attiva esattamente come avviene con Safari. Ciascun Tab può avere una modalità di visualizzazione indipendente (a icone, colonne o lista). È inoltre possibile effettuare copie e spostamenti di file tra Tab aperti attraverso un’operazione di drag and drop. La comodità di questa modalità è innegabile, sorprende che ci siano volute nove versioni del sistema operativo per poterne disporre ‘di serie’.
La seconda e più rilevante novità è la presenza di un sistema di tagging globale. A ogni documento è possibile associare un numero teoricamente illimitato di tag, per consentirne un raggruppamento logico e non fisico: non importa, per esempio, dove si sono salvati i documenti relativi al viaggio in Spagna, questi vengono individuati anche se sono sparpagliati in cartelle e volumi diversi, purché siano taggati correttamente. I tag possono essere assegnati in fase di salvataggio quando si specifica il nome di un documento, oppure dal menù File del Finder (al posto delle precedenti Etichette), o infine per i documenti già esistenti attraverso il classico comando Ottieni informazioni (Command-I) del Finder. In ciascuna di queste tre modalità è possibile creare nuovi tag scrivendone il nome.
Ai sette tag più utilizzati è possibile associare altrettanti colori e far sì che appaiano nella barra laterale di ogni finestra del Finder per una ricerca veloce. Le opzioni relative alla visualizzazione dei tag sono nel menu delle preferenze del Finder. (…)
Estratto dell’articolo pubblicato su PC Professionale numero 273