Se avete le idee poco chiare quando si parla di M.2 non siete i soli, anzi, fate parte di un nutrito gruppo di persone all’interno del quale sono presenti anche molti professionisti che, sebbene operino da anni nel settore informatico, sono ancora confusi sulle caratteristiche di questo standard. I motivi di tutto ciò sono molteplici e in parte risiedono all’interno delle stesse specifiche M.2; altri derivano, invece, dall’utilizzo della sigla M.2 in modo improprio, non completo, o spesso che sottintende alcune caratteristiche in funzione del dispositivo del quale si tratta. Le specifiche tecniche, infatti, coprono nel loro insieme una vastissima gamma di possibili utilizzi e, nel caso di una singola tipologia di dispositivi, offrono varianti adatte a componenti con differenti dimensioni e caratteristiche di velocità .
di Michele Braga
Lo standard M.2 è stato codificato dal Pci-Sig (Peripheral Component Interconnect Specialist Interest Group), ovvero il consorzio di industrie che dal 1992 opera con il fine di sviluppare gli standard per i bus di sistema Pci, Pci X e Pci Express. Questo standard, in origine denominato Ngff (Next Generation Form Factor), è nato con lo scopo di fornire ai produttori e al mercato una soluzione pressoché universale per uniformare i sistemi di connessione meccanici ed elettrici per componenti informatici destinati a impieghi molto diversi tra loro. In questo modo sarebbe possibile realizzare e supportare un intero parco di dispositivi dalle funzioni più disparate con pochi e ben definiti connettori allacciati ai controller di sistema. Volendo stilare un elenco possiamo identificare due macro famiglie di componenti e applicazioni che lo standard M.2 supporta a partire dalla prima versione delle specifiche: quella dedicata alle applicazioni wireless e quella delle interfacce di collegamento a bus di trasmissione.
Nel primo caso troviamo controller e periferiche Wi-Fi, Wwan (Wireless Wide Area Network con tecnologia 2G, 3G, 4G), Bluetooth, WiGig (Wireless Gigabit Alliance), Gps (Global Positioning System), Gnss (Global Navigation Satellite System), Nfc (Near Field Communication) e Hdr (Hybrid Digital Radio). Nel secondo caso tra le interfacce supportate dallo standard M.2 figurano il Pci Express, Ssic, Usb (2.0, HS, 3.0), Sdio (Secure Digital Input Output), Uart, Pcm/I2S, I2C, Serial Ata, Displayport e le varianti di queste stesse interfacce che saranno introdotte o addirittura progettate ex novo nel corso dei prossimi anni. Si tratta di un traguardo ambizioso da raggiungere in quanto è molto difficile indurre cambiamenti così radicali all’interno di un mercato dove esistono molteplici soluzioni che si sono consolidate nel tempo e, infatti, al momento il risultato è stato ottenuto solo in piccola parte.
Questo è un altro dei principali motivi che alimentano la confusione attorno allo standard M.2 che rischia di mancare l’obiettivo di diventare “lo standard” e di restare “uno standard” in più senza che il mercato lo sposi in modo univoco. In questo articolo cerchiamo di fare chiarezza sul formato M.2 spiegando di cosa si tratta, dei vantaggi potenziali, ma anche degli ostacoli imposti dal mercato sempre più veloce e dinamico non solo nello sviluppo dei prodotti, ma anche nel rendere obsolete soluzioni di connessione pensate per durare a lungo. Lo sviluppo di tecnologie da adottare su larga scala e a livello industriale richiede tempo e non è raro assistere al varo di specifiche che, dopo una lunga incubazione, risultato insufficienti ad assolvere il loro compito a causa di nuove necessità e di cambiamenti indotti dall’evoluzione nei campi della tecnologia produttiva. In queste pagine ci concentreremo in modo principale sull’utilizzo dello standard M.2 nell’ambito dei sistemi di archiviazione – con un parallelo a quello Sata Express – mentre non scenderemo nel dettaglio della gamma di dispositivi wireless e navigazione.
L’esigenza di superare lo standard Sata 6 Gbps
La maggior parte dei dischi allo stato solido immessi sul mercato nel corso degli ultimi 18 mesi sono caratterizzati da velocità di trasferimento dati in grado di saturare la capacità del bus Serial Ata di terza generazione. Le specifiche Sata 6 Gbps sono state sviluppate e finalizzate quando i dischi magnetici rappresentavano ancora la soluzione di archiviazione più diffusa in campo consumer e lo stato dell’arte in termini di capacità e di durata delle prestazioni nel tempo; i dischi allo stato solido erano soluzioni che in pochi potevano permettersi, offrivano spazio limitato – o elevatissimi costi al Gbyte – e velocità di trasferimento dati inferiori a quelle odierne e soggette a un forte effetto digradante nel corso del tempo.
L’evoluzione della tecnologia flash impiegata nel campo dei dischi allo stato solido e dei controller per la lettura e scrittura dei dati in questo tipo di memoria sono stati molto rapidi; nel corso di pochi anni il costo al Gbyte è crollato, mentre sono cresciute l’affidabilità e la velocità . In questo lasso di tempo sono stati sviluppati due standard per incrementare la capacità di trasferimento dati da e verso le moderne unità di archiviazione e superare così i limiti caratteristici dell’interfaccia Sata 3.0 capace di trasferire fino a 6 Gbps: il primo standard è quello Sata Express, mentre il secondo corrisponde a una sezione dello standard M.2. In entrambi i casi è l’approccio è il medesimo e consiste nell’utilizzo del bus Pci Express come supporto per la trasmissione dati; tuttavia le implementazioni di queste due soluzioni è molto diverso. (…)
Trovate l’articolo completo su PC Professionale di giugno 2015