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Equo compenso: pecunia non olet

Giorgio Panzeri | 9 Novembre 2007

La tecnologia è una vacca da mungere? Ebbene pare proprio di si. È notizia di oggi il pronunciamento negativo della Commissione Europea sull’abolizione o almeno sulla regolamentazione dell’equo compenso, il balzello che si paga alla Siae per ogni supporto o dispositivo digitale e che “dovrebbe” compensare i mancati introiti derivanti dalla copia pirata.

EULa tecnologia è una vacca da mungere? Ebbene pare proprio di si. È notizia di oggi il pronunciamento negativo della Commissione Europea sull’abolizione o almeno sulla regolamentazione dell’equo compenso, il balzello che si paga alla Siae per ogni supporto o dispositivo digitale e che “dovrebbe” compensare i mancati introiti derivanti dalla copia pirata. 

 

Innanzitutto reputo incoerente il fatto che si debba pagare una tassa e poi non si possa copiare. Mi spiego, se pago per un servizio vorrei godermelo il servizio, quindi: non pago e non copio, anzi, come ora sono perseguibile, ma se pago debbo poter copiare o almeno non dovrei essere perseguibile se sul Cd o Dvd vergine che ho comperato ci metto del materiale copiato. 

 

Ma la mia preoccupazione è anche un’altra. La Comunità  Europea reputa corretto l’equo compenso? Bene, allora si dia da fare per normare e armonizzare questo balzello in modo che sia uguale in ogni nazione. Non come ora che è lasciato tutto al caso. Qualche esempio? Da noi l’equo compenso sui Dvd è indipendente dal costo del supporto e pesa per 0,87 euro per ogni supporto. In altre nazione, per esempio in Germania, è una percentuale del costo industriale del supporto. Quindi, col mercato unito costa molto meno acquistare i Dvd o i Cd in Germania e, guarda caso, questo settore produttivo nazionale in questi anni è morto. 

 

Finisco con una citazione dal  Guardian:  in Germania, solo il 53% degli introiti derivanti dall’equo compenso vanno agli artisti. E il resto a chi finisce?