Questo strumento gratuito di Google permette di ottimizzare un sito analizzando l’uso che ne fanno i visitatori. Scopriamone i segreti.
Di Francesco Caccavella
Chi ha un sito Web fin troppo spesso non dà importanza ad uno degli aspetti invece fondamentali della sua gestione: la misurazione delle “performance” e l’analisi dell’uso che ne fanno i visitatori. Essenziale, per piccoli e grandi siti, è conoscere chi sono i visitatori, capire come viene navigato il sito, identificarne le aree più gradite, le pagine più lette o quelle meno lette. Sono informazioni che, da un lato, danno un’idea di quanto sia apprezzato e usato il nostro sito e, dall’altro, permettono di identificare i suoi punti di debolezza e di forza, per progettarne la crescita in base a dati certi e reali e non in base a semplici intuizioni. È semplice ottenere queste informazioni in modo affidabile e chi desidera farlo ha in mano uno strumento gratuito di primo livello chiamato Google Analytics. È un servizio gestito da Google: deriva da un software per siti Web chiamato Urchin che fino al marzo 2005 (quando fu acquisito dal motore di Mountain View) costava 495 dollari al mese per sito. Anche per questa derivazione professionale, Google Analytics è un servizio sofisticato e completo, oltre che usabile e ben strutturato. A partire dallo scorso marzo ha ricevuto un completo redesign dell’interfaccia e l’aggiunta di diverse nuove funzioni. Google Analytics V5 – la nuova versione – è ancora in beta mentre scriviamo, ma l’interfaccia e le funzioni sono consolidate ed eventuali novità della versione definitiva non ne modificheranno le impostazioni generali.
In queste pagine vedremo come usare Google Analytics per raccogliere le informazioni più importanti e utili sull’uso di un sito, e come metterle a frutto per migliorarne l’efficacia e la cosiddetta “esperienza utente” dei visitatori. Prima di tutto, però, introdurremo il campo in cui Google Analytics si colloca, ovvero la cosiddetta Web analytics. L’intero articolo si basa sulla nuova versione di Google Analytics che, al momento di scrivere, è raggiungibile facendo clic sulla voce Nuova versione in alto nella pagina visualizzata dopo il login.
Poco prima che il numero andasse in stampa, Google ha ritoccato leggermente l’interfaccia del servizio. Oltre ad aver reso più usabile il menu di cambio profilo e aver eliminato alcune icone, ha aggiunto al menu di sinistra l’area Advertising che contiene i rapporti con sui seguire le campagne pubblicitarie di AdWords, il sistema di pubblicità on-line di Google.
Che cos’è la Web analytics?
Secondo la definizione della Web Analytics Association, è “la misurazione, la raccolta, l’analisi e la rendicontazione di dati Internet al fine di capire ed ottimizzare l’uso del Web”. Questa disciplina fornisce gli strumenti, i processi e le conoscenze per interpretare tutte le informazioni che gli utenti, direttamente o indirettamente, lasciano sul Web riguardo ad un sito, servizio o prodotto on-line. Sbaglia tuttavia chi pensa che la Web analytics si riduca all’osservazione dei clic che avvengono sul sito, magari attraverso uno dei servizi di analisi dei log così diffusi fino a qualche anno fa. Non solo l’evoluzione tecnologica dei siti Web ha reso più difficile questa stessa analisi (pensiamo alle complesse applicazioni Web), ma soprattutto l’analisi dei clic non è sufficiente per raccogliere e analizzare tutte le informazioni disponibili. Grazie anche alla grande diffusione di software e servizi, la Web analytics è mutata oggi in quella che Avinash Kaushik, analytics evangelist di Google e riconosciuta autorità del settore, ha chiamato Web Analytics 2.0. Si tratta di un nuovo paradigma, che Kaushik ha definito nel suo libro Web Analytics 2.0 (edito in Italia da Hoepli), basato su cinque diversi tipi di misurazioni: flusso dei clic, analisi multipla dei risultati, sperimentazione e test, ascolto dei clienti e competitive intelligence. Al livello più alto vi sono le misurazioni dei clic (dette anche misurazioni clickstream) che forniscono la maggior parte dei rapporti di base: visite, pagine viste, percorsi di accesso, frequenze di abbandono e così via. Gli strumenti clickstream sono imprescindibili per la Web analytics, ma hanno un limite: raccolgono generalmente solo dati quantitativi e on site, ossia sul sito su cui sono installati. Poiché oramai, anche con la diffusione dei social network, molte delle attività che riguardano un progetto Web avvengono anche off site, al primo livello del paradigma se ne deve associare un altro: quello dell’analisi multipla. Per ampliare il campo di analisi bisogna, ad esempio, monitorare la presenza del sito sui social network, la diffusione della propria newsletter, la diffusione dei feed e così via. A un livello più basso vi sono i cosiddetti “Test A/B” o “test multivariati” che, per semplificare, misurano versioni differenti della stessa pagina per verificare quale versione, in base a determinati obiettivi, offra le migliori performance. Per ascolto dei clienti si intende la raccolta diretta, attraverso questionari o strumenti simili, dell’opinione di chi visita il proprio sito Web. È una parte fondamentale dell’analisi, poiché consente di aggiungere una dimensione qualitativa ai dati raccolti, che altrimenti rimarrebbero confinati alla dimensione quantitativa. Infine, come ultimo elemento del paradigma, vi sono le analisi competitive, ossia il confronto dei dati del proprio sito o servizio con siti o servizi della stessa area geografica e dello stesso settore.
Il paradigma di Kaushik definisce gli aspetti da misurare e nel riquadro intitolato “Altri strumenti di Web analytics” troverete un elenco di tool semplici (e rivolti anche a chi ha un budget ridotto) dedicati a queste attività . La misurazione è tuttavia solo una parte delle attività di Web analytics. Per ottenere informazioni utili dobbiamo analizzare i dati raccolti e per farlo ci serve introdurre altri tre importanti concetti: Kpi, conversioni e segmentazione.
Kpi è l’acronimo di Key Performance Indicator (indicatore delle performance chiave) e, nella Web analytics, identifica determinati valori, misurabili dal servizio, sui quali basare decisioni strategiche. Possiamo pensare ai Kpi come indicatori di azioni specifiche che un utente deve eseguire e che indicano il successo o il fallimento degli obiettivi del sito. In ogni progetto di Web analytics un passo cruciale consiste proprio nel definire i Kpi: dopo aver definito gli obiettivi del sito e le strategie per raggiungerli, si identificano le azioni misurabili che conducono al raggiungimento di strategie e obiettivi. Google Analytics, come ogni altro software del genere, è in grado di produrre decine di rapporti. Non tutti però hanno lo stesso valore strategico: in un sito di commercio elettronico il rapporto che indica il numero di oggetti acquistati non ha lo stesso valore del rapporto che indica il numero di pagine viste per utente, rapporto che è invece importantissimo per i siti di informazione, che basano le loro performance sul numero di pagine viste e dunque sul numero di pubblicità che riescono a visualizzare. Per il primo sito un Kpi di base sarà il numero di oggetti acquistati, per il secondo il numero di pagine viste.
Il secondo concetto chiave è quello di conversione. Ogni qual volta un utente esegue un’azione che è stata identificata come strategica (comprare un oggetto, iscriversi a un servizio, visitare più di quattro pagine per visita e così via) esegue una conversione. Google Analytics offre un gruppo di rapporti dedicati esclusivamente alle conversioni, per consentire di monitorarle in modo autonomo ed efficace. Il servizio chiama le azioni strategiche Obiettivi e consente di impostarne fino a 20, divise in quattro gruppi, per ogni profilo di sito monitorato.
La percentuale di utenti che raggiunge gli obiettivi in rapporto al totale di visitatori è chiamata Tasso di conversione all’obiettivo. Oltre a definire gli obiettivi, Google Analytics permette anche, in alcuni casi, di definire la loro canalizzazione, ossia le pagina che hanno navigato per raggiungere quell’obiettivo. Grazie alle canalizzazioni è possibile anche verificare in quale punto del percorso l’utente ha abbandonato il tragitto di conversione e analizzare i punti deboli della catena.
Il terzo concetto che è bene approfondire è segmentazione. Le segmentazioni servono per suddividere i visitatori in gruppi ed analizzare i dati esclusivamente per quei gruppi. Quando si accede ad un report di un servizio di Web analytics, i dati sono generalmente visualizzati in forma aggregata. Le informazioni si riferiscono, in altre parole, a tutti i visitatori misurati dal sistema. Le azioni di ottimizzazione del sito sono invece molto più efficaci se suddividiamo gli utenti in gruppi e pianifichiamo azioni diverse in base a comportamenti diversi. Quando si applica la segmentazione ad un rapporto, tutte le informazioni di quel rapporto faranno riferimento solo ad un segmento di visitatori. Se, ad esempio, segmentando i dati in base alla provenienza notiamo che gli utenti che provengono da Twitter hanno una conversione all’obiettivo del 20 per cento, mentre quelli da Facebook hanno una conversione del 5%, sapremo che una campagna di acquisizione di utenti su Twitter è probabilmente quattro volte più efficace di quella su Facebook.
Un esempio, molto semplificato, potrà chiarire meglio i concetti citati. Poniamo di avere un servizio on-line che offre report di analisi dei mercati finanziari, in italiano ed inglese. L’obiettivo di business principale del sito è naturalmente vendere i report. Gli obiettivi più specifici per raggiungere quello principale potrebbero essere quelli di aumentare il numero di utenti registrati al sito e diminuire la complessità della procedura di acquisto. Nel nostro progetto di Web analytics definiremo, per i due obiettivi specifici, uno o più Kpi misurabili: per il primo obiettivo specifico useremo il numero di registrazioni completate; per il secondo il numero di visualizzazioni della pagina del supporto (per capire se gli utenti hanno difficoltà nel registrarsi). Per ognuno di questi Kpi andremo poi a creare, nel servizio di Web analytics, degli obiettivi: le registrazioni e l’accesso alla pagina del supporto vengono misurate quando si visita, rispettivamente, la pagina di completamento della registrazione o la pagina dell’help del sito. Passeremo poi all’analisi: segmentando i visitatori per paese o lingua e verificando gli obiettivi (le conversioni dei Kpi) potremmo subito capire quali delle due versioni del sito, italiano o inglese, è più efficace. Segmentando i visitatori per sorgente di traffico (motori di ricerca, siti su cui eseguiamo campagne promozionali, social network) e verificando di nuovo le conversioni, capiremo invece su quali siti è più conveniente promuovere il nostro sito e su quali meno. Inoltre, ad ogni modifica del sito, verificheremo subito i Kpi per capire se la nostra modifica è stata o no efficace in termini di miglioramento degli obiettivi.
Google Analytics è un servizio gratuito di Web analytics orientato all’analisi dei clickstream, ma non si limita alla sola raccolta e rendicontazione dei clic. Offre, infatti, anche strumenti per segmentare l’audience, per monitorare campagne di marketing, per analizzare la diffusione dei contenuti sui social network, per definire obiettivi ed analizzare conversioni. Si integra automaticamente con l’ecosistema pubblicitario di Google (Adwords e Adsense) ed è inoltre ben documentato (anche in italiano), offre affidabili strumenti di supporto ed ha un’ampia base di utenti che contribuisce attivamente alla diffusione di soluzioni e suggerimenti. Proprio per la sua diffusione (copre, secondo stime, circa il 50% delle installazioni di software di questo tipo), è anche molto ben supportato dai servizi esterni: è facile trovare soluzioni di Web analytics in grado di integrarne i dati nelle loro interfacce o, viceversa, di inviare i propri dati a Google Analytics stesso. Infine, Analytics offre anche, sempre gratuitamente, un’interfaccia di programmazione (API, Application Programming Interface) utilizzabile per scaricare i dati del servizio e includerli in applicazioni esterne come, ad esempio, un foglio di calcolo Excel o il pannello di amministrazione del sito Web.
Rimandando al box “Creare un account e un profilo” le istruzioni per la creazione di un account e di un profilo di monitoraggio, qui di seguito descriveremo per prima cosa i principi di funzionamento del servizio, analizzeremo poi le principali regole di configurazione, spiegheremo come usare l’interfaccia e infine vedremo i rapporti più importanti. (…)
Estratto dall’articolo pubblicato sul numero 246 – settembre 2011