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Guida all’uso: GIMP 2.6.8

Nicola Martello | 27 Maggio 2010

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Per fare fotoritocco non è necessario comprare un programma commerciale. Si può usare GIMP, un software gratuito ma con un […]

Gimp APE

Per fare fotoritocco non è necessario comprare un programma commerciale. Si può usare GIMP, un software gratuito ma con un corredo di strumenti davvero ampio.

Di Nicola Martello

ICON_EDICOLAÈ possibile fare fotoritocco serio senza spendere soldi per l’acquisto di un programma commerciale? La risposta è senza dubbio affermativa grazie a GIMP, da diversi anni un importante riferimento nel mondo del software gratuito. GIMP non offre certo la potenza di un applicativo come il recente Photoshop CS5, ma dispone comunque di un set di strumenti che permette di andare ben oltre il semplice ritocco di base. E, naturalmente, il suo prezzo è imbattibile.

In questa guida all’uso esamineremo in dettaglio questo programma e descriveremo le operazioni necessarie per compiere le operazioni più frequenti quando si tratta di migliorare una foto e di creare documenti grafici con oggetti come cornici e scritte. Poiché il numero degli esempi che faremo è piuttosto elevato, abbiamo deciso di dividerli in due parti: la prima contiene i dieci casi più semplici, mentre nella seconda – che troverete sul prossimo numero di PC Professionale – esamineremo elaborazioni più sofisticate ma ancora alla portata di qualunque appassionato dotato di un minimo di buona volontà .

Alla scoperta di GIMP

GIMP, acronimo di Gnu Image Manipulation Program, è un applicativo gratuito e open source per il fotoritocco i cui strumenti sono cresciuti e migliorati con il tempo e oggi consentono elaborazioni grafiche anche piuttosto sofisticate. Il software, giunto alla release 2.6.8, è disponibile per Windows, Mac OS X e Unix/Linux. Può essere scaricato dal sito www.gimp.org ed è liberamente distribuibile secondo i termini della Gnu General Public License.

Per realizzare questa guida abbiamo utilizzato la versione per Window di GIMP. Fin dal primo avvio si nota subito una differenza con i tradizionali programmi grafici per il sistema operativo Microsoft: l’interfaccia non occupa l’intero schermo, ma è costituita da finestre indipendenti, posizionabili a piacere. Quelle visibili di default sono tre: il pannello Strumenti, l’anteprima del documento e un pannello a schede che permette di avere a portata di mano i livelli, i canali, i tracciati e una serie di altri tool. Chi preferisce che l’area di lavoro occupi l’intero desktop deve semplicemente cliccare il tasto Ingrandisci, in alto a destra, come si fa di consueto con gli applicativi per Windows. I documenti aperti successivamente appaiono sempre in nuove aree di lavoro flottanti e totalmente autonome. Premendo i tasti Alt e Tab si può passare da un’area di lavoro all’altra. Le finestre flottanti sono in effetti un po’ fastidiose, soprattutto per chi è abituato ai programmi in cui i pannelli degli strumenti sono agganciati ai lati dello schermo. È abbastanza facile, infatti, che prima o poi finiscano col ricoprire una parte dell’area di lavoro che si vuole utilizzare. Per fortuna i moderni display dal rapporto d’aspetto di 16:9 o di 16:10 offrono un desktop molto ampio, in cui le zone laterali si prestano bene a contenere tali pannelli senza sacrificare troppo l’anteprima del documento in fase di lavorazione.

Un altro aspetto fastidioso di GIMP è l’impossibilità  di chiuderlo in icona con un clic. Viene istintivo provare a cliccare l’apposito pulsante dell’area di anteprima, che però ha effetto solo su quest’ultima: i pannelli Strumenti e Livelli, Canali, tracciati… possono essere chiusi ma non ridotti ad icona e chiudendo il primo si esce anche dall’intero programma. Occultare tutte le finestre visibili sfruttando l’apposito pulsante della barra strumenti di Windows è quindi l’unico modo per nascondere totalmente alla vista GIMP.

Un veloce esame degli elementi visibili di default nell’interfaccia grafica consente di notare che le icone rappresentative degli strumenti e delle opzioni sono chiare e ben fatte. Il loro significato è di immediata comprensione grazie anche ai tooltip (suggerimenti) che appaiono se si lascia per un secondo il cursore sopra di esse. Le finestre previste da GIMP sono parecchie e attivandole tutte si rischia di intasare lo schermo. In generale, i pannelli più utili sono quelli che il programma apre di default: Strumenti, con la relativa area sottostante in cui appaiono le opzioni della funzione attiva, e Livelli Canali, Tracciati, Pennelli, Texture e Gradienti. Chi lo desidera può aprire la finestra Navigazione per avere sempre sott’occhio una visione d’insieme del documento. La maggior parte dei pannelli sono agganciabili l’un l’altro e richiamabili tramite linguette, in modo da minimizzare l’area necessaria per la loro visualizzazione.

Prima di partire con il fotoritocco vale la pena di dare un’occhiata al pannello delle impostazioni di base, per adattare GIMP al proprio modo di lavorare. Con il comando Modifica / Preferenze si accede alla finestra in cui sono elencate le variabili, a cominciare – in Ambiente – dal numero di annullamenti e dalla memoria utilizzabile. In Interfaccia c’è l’elenco delle scorciatoie tramite tasti, mentre in Opzioni Strumenti si imposta l’algoritmo per l’interpolazione, che di default è Cubica. Si può scegliere in alternativa Sinc (Lanczos3), più pesante come calcoli ma in genere in grado di produrre risultati migliori. Infine, in Gestione del colore è possibile impostare i profili colore per il monitor e per la simulazione dei colori di stampa. Da notare che, pur essendo disponibile una voce per lo spazio cromatico Cmyk, in realtà  GIMP non consente la creazione e l’elaborazione di immagini Cmyk, un limite notevole per chi deve preparare immagini da stampare a livello professionale. Gli unici spazi colore ammessi sono Rgb e scala di grigi, nonché naturalmente le palette di tinte indicizzate per i documenti con meno di 16 milioni di colori.

(Estratto dall’articolo pubblicato sul numero 231, in edicola dal 28 maggio)