La storia del cinema è segnata da evoluzioni tecnologiche importanti. Il sonoro, il colore, il formato panoramico, il suono multicanale, il 3D sono le principali innovazioni che gli spettatori hanno visto e sentito nel corso degli anni a partire dalla nascita del cinema, che viene fatta coincidere con la prima proiezione pubblica di un film, il 28 dicembre 1895 a Parigi per opera dei fratelli Lumière. Dopo parecchi anni di relativa quiete, questa evoluzione ha ripreso impetuosa ai giorni nostri, con il graduale abbandono della pellicola in favore delle tecniche di registrazione digitale (nel 2002 esce Star Wars: Episodio II, il primo film di grande successo girato interamente con cineprese digitali, preceduto nel 2001 dai film Jackpot e Vidocq).
di Nicola Martello
Ancora più recenti sono l’adozione della risoluzione 4K (4.096 x 2.160 pixel), il nuovo sistema audio multicanale Atmos presentato da Dolby nell’aprile 2012, e l’impiego di una cadenza di 48 fotogrammi al secondo (frames per second o fps) invece dei consueti 24 per il film Lo Hobbit – Un viaggio inaspettato, uscito nelle sale a metà dicembre 2012. In queste pagine ci occuperemo di queste due ultime innovazioni, prima di cadenze elevate (High Frame Rate o Hfr) poi di Dolby Atmos, che consentono allo spettatore di vivere un’esperienza cinematografica sempre più realistica e coinvolgente, tale da ridurre ulteriormente la distanza che separa il cinema dalla realtà , vera o immaginaria.
Il cinema Hfr
La realtà che ci circonda è costituita da avvenimenti che evolvono nel tempo in maniera continua: un oggetto che cade, una persona che cammina, un’auto che sfreccia via. Lo stato della tecnica di fine ‘800, però, non consentiva di riprodurre questi eventi in maniera continua (questo limite esiste ancora oggi), ma richiedeva di spezzettarli in tanti istanti che si susseguono velocemente uno dopo l’altro. In questo modo, grazie al fenomeno della persistenza della visione, il nostro cervello è ingannato e percepisce come un evento continuo quello che in realtà è costituito da una sequenza di immagini statiche, ovvero i singoli fotogrammi. Il problema era stabilire qual è il numero minimo di fotogrammi al secondo, o cadenza, necessario per ricostruire la fluidità degli eventi originali, così da evitare fastidiosi scatti e sfarfallii (flicker in inglese). Un numero molto elevato di fotogrammi si sarebbe tradotto infatti sia in difficoltà costruttive per le macchine da presa e i proiettori sia in pellicole esageratamente lunghe e quindi in bobine troppo voluminose e pesanti. Ai tempi della nascita del cinema vennero svolte ricerche circa il numero di fotogrammi al secondo ideale. Si scoprì che la sensibilità dello spettatore allo sfarfallio aumenta con la luminosità dell’ambiente, quindi è alta se l’ambiente è illuminato, bassa se è oscurato come in una sala cinematografica. In quest’ultima situazione il celebre inventore Thomas Alva Edison indicò il valore minimo di 48 fps. Ricerche simili condotte in seguito appurarono che, sempre in ambiente oscurato, esiste un limite a circa 72 fps, oltre il quale un ulteriore aumento del numero di frame al secondo non produce alcun miglioramento della fluidità percepita delle scene proiettate. Ma già 48 fps era un valore molto elevato, dato che la pellicola è costosa e se molto lunga comporta bobine grosse e pesanti.
Per ridurre in maniera significativa l’effettivo numero di fotogrammi al secondo, i fratelli Lumière scoprirono che si poteva ingannare il sistema di visione umano facendo apparire lo stesso fotogramma per tre volte con un otturatore rotante a tre lame. Così si poteva usare una pellicola a girata 16 fps, in cui ogni fotogramma appariva tre volte (triple flashing), per ottenere una cadenza apparente di 48 fps.
Con l’avvento del sonoro nel 1926 fu necessario aumentare la velocità di scorrimento della pellicola per consentire una riproduzione sonora di qualità adeguata, dato che il suono era registrato sotto forma di traccia ottica (colonna sonora) di fianco ai fotogrammi. Si passò quindi da 16 fps a 24 fps, con proiettori nelle sale che facevano vedere il frame due volte (double flashing) per mantenere inalterata la cadenza apparente di 48 fps (i proiettori migliori usano il triple flashing, con una cadenza apparente di ben 72 fps).
L’arrivo del sonoro impose anche la motorizzazione delle cineprese e dei proiettori per garantire una cadenza costante nel tempo, dato che in precedenza le macchine (sia quelle da presa sia quelle per proiezione) erano azionate a mano da un operatore tramite una manovella, quindi la velocità di scorrimento della pellicola era tutt’altro che regolare e poteva variare tra 14 e 24 fps. Le variazioni di velocità , infatti, sono molto più percepibili con l’orecchio che con l’occhio. La cadenza di 24 fps è quindi rimasta inalterata dal 1926 fino a oggi nelle sale cinematografiche di tutto il mondo, anche in quelle Imax celebri per la spettacolarità delle scene proiettate su schermi giganti.(…)
Estratto dell’articolo pubblicato sul numero 270 di PC Professionale