Optane Memory è il più recente tentativo intrapreso da Intel per promuovere un progetto che l’azienda americana sta sviluppando e affinando da molti anni, ma che non ha mai riscosso un successo pieno: stiamo parlando delle soluzioni identificate come SSD caching, ovvero di quelle tecnologie che fanno leva sulle caratteristiche delle memorie allo stato solido per accelerare le operazioni su supporti tradizionali e più lenti come gli HDD. L’obiettivo è fondere il meglio di due mondi: da un lato la tecnologia allo stato solido che offre alta velocità , ma spazio di archiviazione ridotto e dall’altro la tecnologia magnetica che offre alte capacità a basso costo, ma prestazioni limitate.
di Michele Braga
Se leggendo queste prime righe avete avvertito una sensazione di dejavu sappiate che è tutto normale. Come abbiamo già anticipato, infatti, il progetto Optane Memory affonda le proprie radici in un terreno tutt’altro che inesplorato, prendendo spunto da idee già sperimentate in più riprese a partire dal 2007.
Proprio dieci anni fa hanno fatto la comparsa sul mercato i primi dischi ibridi – noti anche come Sshd – targati Samsung (SpinPoint MH80) e Seagate (Momentus PSD); entrambi i modelli, proposti nel formato da 2,5 pollici, abbinavano un disco magnetico con capacità fino a 160 Gbyte a una cache da 128 e 256 Mbyte di memoria flash. A distanza di breve tempo questi dischi sono stati seguiti da una prima implementazione a livello di sistema della tecnologia Intel Turbo Memory, nota con il nome in codice Robson NVM Cache Technology. Questa consisteva di un modulo di memoria flash Nand – collegato alla scheda madre – con capacità variabile da 64 Mbyte a 4 Gbyte in grado di eseguire il pre-caching delle informazioni memorizzate nel disco magnetico di sistema attraverso l’impiego di un controller e di un driver appositamente sviluppati per identificare i dati maggiormente utilizzati dall’utente.
Dopo una prima adozione da parte dei produttori, queste tecnologie non sono state in grado di ritagliarsi uno spazio all’interno del mercato: sui sistemi portatili economici i dischi magnetici sono rimasti ancora la soluzione preferita dai produttori in quanto permettono di ridurre al minimo i costi, mentre sui sistemi portatili di fascia più alta la tecnologia vincente è stata quella degli Ssd puri. All’interno dell’ecosistema Apple queste tecnologie sono state declinate nella soluzione Fusion Drive che ancora oggi è disponibile come opzione sui sistemi iMac e che è indirizzata in modo specifico a chi cerca un compromesso tra capacità di archiviazione e velocità di accesso ai dati.
Il mancato successo a lungo termine delle precedenti tecnologie di Ssd caching è dipeso da più fattori, primo tra tutti il fatto che all’epoca delle prime implementazioni il disco era uno dei tanti fattori ad influire sulle prestazioni del sistema, ma non il principale collo di bottiglia sul quale intervenire.
L’incremento delle prestazioni dei processori e delle schede grafiche, così come l’incremento delle dimensioni e della complessità dei contenuti multimediali ha cambiato in modo radicale l’equilibrio tra i diversi componenti di un computer, tanto che oggi il supporto di archiviazione dei dati è l’elemento che limita in modo preponderante le prestazioni e la reattività di un computer.
Optane Memory è la soluzione di accelerazione proposta da Intel per il mercato desktop e alla cui base troviamo la tecnologia 3D XPoint; questa consiste di un tipo di memoria non volatile che nei progetti dell’azienda americana pone le fondamenta per una nuova generazione di prodotti destinati sia al mondo enterprise sia a quello consumer. A dispetto della presenza della parola Memory all’interno del nome, questo prodotto non è un NVDimm (Non-Volatile Dual In-line Memory Module) e non è una soluzione alternativa alle memorie Dram; ancora l’Intel Optane Memory non è una soluzione alternativa a dischi mainstream allo stato solido in quanto è disponibile solo in tagli di capacità da 16 e 32 Gbyte. (…)
Estratto dell’articolo pubblicato su PC Professionale di luglio 2017