Come deve essere il vostro smartphone? Piccolo e comodo come i vecchi cellulari o grande come un phablet?
Il Consumer Electronics Show di Las Vegas (spesso chiamato CES, con le ovvie battute di dubbio gusto) di inizio 2013 non ha partorito novità straordinarie, ma ha fatto intravedere alcune linee guida che si concretizzeranno nei prossimi mesi in prodotti interessanti (vi rimando alla sezione news per i dettagli). In questo mio editoriale vorrei analizzare una tendenza che abbiamo riscontrato: i phablet. La parola deriva dall’unione di “phone” (telefono) e “tablet”. Si, insomma, cellulari sempre più grandi, con lo schermo da almeno 5 pollici, che cercano di erodere il mercato dei tablet più piccoli, come Google Nexus 7 o iPad mini. Devo dire che, se anche ne comprendo e condivido lo spirito, questo trend mi fa un po’ sorridere, ricordando l’evoluzione dei cellulari, quelli stupidi che servivano “solo” per telefonare e messaggiare. Era il momento magico di una Nokia che monopolizzava il mercato.
L’orientamento allora era esattamente opposta a quella di oggi, con una corsa alla miniaturizzazione. Ve li ricordate quei cellulari così piccoli che si faticava a trovarli in tasca, con tasti così microscopici che richiedevano mani da bimbo per la digitazione? Il punto di partenza dell’evoluzione tecnologica era diverso. Infatti i primi terminali per la telefonia cellulare erano giganteschi e pesanti: una cornetta come quella di casa fissata su un pacco di batterie da tenere in spalla come un borsello. Quindi si volevano prodotti belli, sofisticati ma soprattutto piccoli. Oggi è l’opposto. Altro che miniaturizzazione. Samsung ci ha insegnato che i phablet sono prodotti apprezzati da molti utilizzatori. Infatti la società coreana ha venduto ben 10 milioni di pezzi del proprio Galaxy Note e oltre 5 milioni in pochi mesi del Note 2. Ecco quindi che, partendo dall’assioma “mercato ricco mi ci ficco”, tutti i più importanti produttori di smartphone hanno presentato al CES un loro modello di phablet. All’apice c’è una società cinese. I cinesi, si sa, fan le cose in grande e allora Huawei ha annunciato un terminale da 6,1 pollici, ben 0,6 pollici più del Note 2 (5,5″). Un gigante. Ma già si parla del prossimo Galaxy Note 3, forse disponibile per marzo, che avrà uno schermo da 6,3 pollici.
L’idea del phablet nasce da un concetto che ritengo molto importante: la convergenza. Con un solo accessorio si può fare tutto quello che generalmente richiederebbe uno smartphone e un tablet. Lo schermo grande permette di navigare bene su Internet e di avere una miglior visione della posta elettronica, di godere appieno dei propri social network, di vedere film e leggere libri (e, con pazienza, i giornali), di sfruttare al meglio i giochi elettronici. Immaginate poi quanto è appagante usarlo in macchina con le app di navigazione. Convergenza, tutto in un solo accessorio. Devo dire che dopo aver provato il Galaxy Note (prima versione) l’avevo anche acquistato. Era il prodotto perfetto. Poi, però l’ho rivenduto. Mi chiederete, perché? Le dimensioni erano troppo ingombranti? Mi vergognavo quando rispondevo alle telefonate perché dovevo portarmi all’orecchio un telefono grande quanto un mattone? No, no, niente di tutto questo. Ciò che mi ha scoraggiato e mi ha indotto a rivenderlo è stata l’autonomia. Sì, perché se accentri tutto su un singolo oggetto, quell’oggetto sarà sempre attivo. La batteria sarà stata anche da 2500 mAh, ma non arrivavo a fine giornata. Se vai in redazione (o in ufficio) non ci sono problemi, basta un cavo micro Usb e si ricarica in breve tempo, ma se sei fuori per lavoro rischi di trovarti a metà pomeriggio con il terminale scarico. E allora addio alle telefonate di lavoro, all’agenda e al quaderno per note. Ecco, il mio phablet ideale dovrà avere uno schermo di ottima qualità e con dimensione superiore ai 5 pollici, dovrà essere espandibile con microSD, ma soprattutto dovrà garantirmi almeno due giorni di autonomia. Altrimenti continuerò a usare tablet e smartphone separati.