I server di storage dedicati al prosumer e all’ufficio crescono in prestazioni e funzionalità . Possono sostituire tutti i server di produzione? Otto modelli di riferimento in prova.
di Simone Zanardi
Dando una veloce occhiata ai prezzi dei Nas provati in questa rassegna vi potreste chiedere: perché investire una cifra compresa tra i 400 e i 1.000 euro (hard disk esclusi) in un dispositivo di storage quando a una cifra analoga si può acquistare senza eccessivo sforzo un piccolo server? La risposta non è riassumibile in poche righe, e non è nemmeno detto che esista una risposta univoca, dal momento che molta dell’attrattiva di un Network Attached Storage dipende dal contesto in cui lo si vuole impiegare. Piccola azienda, studio professionale, utente Soho evoluto: sono tutti potenziali fruitori di un Nas che possono trarre vantaggi da questo genere di apparato, ma anche rischiare di confrontarsi con un sistema troppo specializzato e limitante o, viceversa, eccessivo per le proprie esigenze.
Iniziamo allora con il dire che cosa è, oggi, un Nas. Non pensiate che la definizione sia così scontata: se fino a pochi anni fa era facile, e in alcuni casi non del tutto errato, tradurre il termine con un approssimativo “disco di rete”, oggi questa descrizione è quanto mai imprecisa. Nel corso dei mesi i Nas hanno adottato componenti hardware sempre più performanti, sistemi operativi che non hanno nulla da invidiare alle controparti per Pc e una serie di funzioni che vanno al di là del semplice concetto di storage. Tornando quindi alla definizione, potremmo dire che un Nas di fascia business è un server completo in grado di fornire all’utente tutte i servizi per la gestione centralizzata dello storage in una rete informatica. Chiariamoci con qualche esempio: le funzioni più classiche, che ancora oggi ricoprono un ruolo fondamentale, sono la condivisione in rete di file e cartelle e il backup centralizzato dei dati sensibili presenti sulle workstation. I Nas sono però in grado di fare molto di più: possono essere raggiunti da remoto per visualizzare o caricare file anche quando non ci si trova in ufficio o a casa, gestiscono autonomamente la sincronizzazione con i servizi di storage on the cloud, possono persino essere impiegati per realizzare un piccolo sito Web, magari per la Intranet aziendale, senza ricorrere a un hosting esterno. Sono il complemento ideale per le strutture di virtualizzazione, supportano protocolli avanzati per il collegamento ai Pc in modalità San (Storage Area Network), simulando una connessione diretta via bus seriale, interagiscono con tablet e smartphone di ultima generazione, e tanto altro ancora.
Anche un personal computer può fare queste cose. È però necessario configurare opportunamente il sistema operativo, installare software, non sempre gratuiti, che gestiscano tutti i servizi necessari, configurare correttamente i parametri di rete e di condivisione. Inoltre, non sempre è una buona idea creare un server a partire da hardware pensato per un desktop: consumi energetici, affidabilità e sistemi operativi specializzati sono fattori cruciali per dispositivi che, come i Nas, debbono rimanere attivi 24 ore su 24, 7 giorni alla settimana ed essere sfruttati da più persone contemporaneamente.Gli utenti più smaliziati possono certo acquistare un hardware server-class senza investire cifre incredibili, installando poi un sistema operativo basato su Linux o Unix e specializzato nelle funzioni Nas. I progetti FreeNas e Nexenta sono due esempi in tal senso. In questo modo si può ricreare un apparato specializzato, efficiente e ancora più versatile rispetto a un Nas preconfezionato, ma a patto di disporre di tempo e conoscenze per la configurazione del tutto.
Per chi non può permettersi questo genere di rischi, i Nas professionali che recensiamo nelle prossime pagine rappresentano la soluzione ideale. Sono apparati hardware performanti, quasi tutti basati su processori Intel Atom a doppio core, installabili e gestibili con relativa semplicità e muniti di 4 o 5 alloggiamenti per hard disk. In questo modo i dischi possono essere configurati in varie modalità Raid (Redundant Array of Independent Disks, gruppo ridondante di dischi indipendenti), in modo da poter operare senza interruzioni anche in caso di guasto su una o più unità .Per il collegamento alla rete, lo standard de facto è ormai Gigabit Ethernet, con connessioni su cavi in rame che permettono velocità massime teoriche di 1 gigabit al secondo. In termini di megabyte, questa soglia equivale a 125 MB trasferiti in un secondo. Tutti i dispositivi provati offrono in realtà una doppia interfaccia di rete che permette di aggregare i due flussi per velocità massime di trasferimento teoriche di 2 Gbps. Nel corso delle nostre prove, che dettaglieremo fra poco, abbiamo comunque verificato come la singola connessione Gigabit sia più che adeguata per le prestazioni Cpu/dischi di questi apparati. I Nas non si collegano solo alla rete: attraverso connessioni eSata o Usb è possibile agganciare memorie e dischi esterni, sia per trasferire i contenuti di questi apparati sul server si per effettuare backup di dati presenti sul Nas. Le porte Usb sono inoltre utilizzate per la condivisione di stampanti, o ancora per agganciare gruppi di continuità in modo da controllare in tempo reale lo stato di alimentazione e arrestare il Nas in caso di emergenza, senza perdita di dati. Alcuni modelli accettano inoltre dongle Wi-Fi o Bluetooth, abilitando le connessioni al server in modalità wireless. (…)
I sistemi provati
Iomega px4-300d
Lacie 5big Office+
Netgear ReadyNas Pro 4
Qnap TS469 Pro
Seagate BlackArmor 400
Synology DS412+
Thecus N5200xxx
Western Digital Sentinel DX4000
Metodologia di prova
Per valutare le prestazioni dei Nas in prova ci siamo serviti della suite Intel Nas Performance Toolkit che simula diversi scenari di trasferimento dati tra il server di rete e un Pc client. Dal punto di vista della topologia di rete, abbiamo collegato Nas e computer di test (un sistema Windows 7 Professional) direttamente tramite un cavo Utp di rete, in modo da stabilire una connessione Ethernet alla velocità nominale di un gigabit al secondo (Gbps).
Tutti i dispositivi in prova dispongono di una doppia interfaccia di rete con possibilità di aggregazione delle porte; questo significa che attraverso uno switch di rete compatibile con questo servizio si può creare un canale verso il Nas con ampiezza di canale di 2 Gbps. In realtà , come dimostrano i risultati dei test, gli apparati di questa fascia non richiedono questa aggregazione, fornendo al massimo velocità che sfiorano solamente il tetto del gigabit al secondo.
Alcuni produttori commercializzano i propri Nas già forniti di dischi rigidi, altri solo in modalità diskless lasciando all’utente finale o all’installatore il compito di popolare il server con il numero e il modello di hard disk che preferisce, fatta salva la lista di compatibilità pubblicata da tutti i produttori sui rispettivi portali di supporto. Per i nostri test abbiamo deciso di utilizzare una piattaforma di dischi comune su tutti i Nas commercializzati (anche) in modalità diskless. Abbiamo quindi adottato tre dischi Hitachi HUA722010CLA330 da 1 TB. Tutte le prove sono state effettuate in configurazione Raid 5.
Fanno eccezione alla regola i due Nas Lacie e Western Digital, che oltre ad avere in comune il sistema operativo di base non sono venduti se non con almeno un disco incluso. In questi casi ci siamo quindi serviti dei drive fornitici con il dispositivo. Per quanto riguarda il Sentinel di Western Digital, le prove sono state completate in modalità Raid 1, vista la presenza di due soli hard disk di sistema e la strettissima lista di compatibilità di drive per l’espansione (di fatto solo tre modelli Western Digital).
Oltre che dalle specifiche hardware di Nas in prova, le prestazioni sono influenzate dal sistema operativo a bordo. In questo senso spicca la presenza dei due apparati basati sulla piattaforma Microsoft Windows Storage Server 2008 R2 Essential, contro le classiche soluzioni Linux-Based della concorrenza. Come abbiamo modo di spiegare nell’articolo, la scelta di un sistema Windows punta a semplificare l’integrazione con gli ambienti Microsoft preesistenti, in particolar modo con le strutture di dominio e Active Directory eventualmente già implementate in azienda.
Per quanto riguarda i protocolli di rete e di connessione, abbiamo effettuato una prima serie di test utilizzando il classico Smb/Cifs, il sistema a oggi più utilizzato per le condivisioni di rete in ambienti multi-piattaforma Windows/Mac/Linux. Per la seconda batteria di prove abbiamo invece configurato i Nas come target iScsi, simulando quindi un ambiente San (Storage Area Network). Ricordiamo infatti che iScsi è un protocollo che incapsula su Ip lo standard di connessione seriale Scsi, mostrando il Nas al Pc client come se si trattasse di un disco collegato direttamente alla macchina su bus seriale. I due sistemi Windows Storage non sono pensati per l’utilizzo out-of-the-box di iScsi, e in questi casi abbiamo perciò limitato i test a Smb/Cifs.
Oltre a misurare le prestazioni in termini di velocità di accesso ai dati, abbiamo verificato i consumi degli otto Nas in prova. Tutti i dispositivi sono dotati di funzioni di risparmio energetico per la messa in riposo dei dischi quando non è attivo alcun trasferimento.
Estratto dal numero 254 di maggio 2012