Quando si parla di sicurezza informatica per i minori è facile cadere negli eccessi: c’è chi abdica al suo ruolo perché i ragazzi sono più competenti di lui o lei, e quindi sono in grado di aggirare facilmente eventuali barriere imposte dal genitore, e chi invece si lascia prendere da una frenesia del controllo che sfocia nella paranoia, con dispositivi violati e applicazioni spia installate all’insaputa dei ragazzi. Esiste però anche una via di mezzo che consente di ottenere un buon livello di sicurezza e di controllo senza invadere brutalmente la privacy dei più giovani, ma offrendo loro un compromesso tra educazione all’uso consapevole, libertà d’azione e sicurezza.
Gli strumenti di base dedicati al controllo genitoriale (questa la traduzione italiana di parental control) sono integrati direttamente nel sistema operativo e nei software utilizzati ogni giorno, anche se pochi li configurano e li utilizzano nel modo corretto. Esistono poi soluzioni di terze parti che aggiungono un ulteriore strato di protezione, completando l’offerta con nuove funzioni e soprattutto centralizzando il controllo sulla base degli utenti e non dei dispositivi: sempre più spesso, infatti, i ragazzi saltano da un device all’altro, vanificando le impostazioni limitate al singolo oggetto. Su PC Professionale di aprile troverete tutte le informazioni per sfruttare al meglio gli strumenti disponibili e una panoramica sulle soluzioni di protezione di terze parti più interessanti.
Computer, smartphone, tablet e altri dispositivi connessi offrono opportunità di comunicazione impensabili fino a pochi anni or sono. Ma queste tecnologie richiedono competenze e consapevolezza che vanno coltivate giorno dopo giorno. Basti pensare che è stata sufficiente una piccola distrazione dovuta alla superficialità, come l’uso delle funzioni di tracciamento delle prestazioni di un’app per il fitness, per svelare l’ubicazione esatta di alcune basi militari segrete in aree di conflitto e addirittura i percorsi compiuti dai soldati. A rischi simili sono esposti anche i minori: un uso disattento o superficiale dei dispositivi tecnologici può facilmente svelare a chiunque la loro posizione, l’indirizzo dell’abitazione, il tragitto tra casa e scuola e gli orari della routine quotidiana. Per non parlare poi dei pericoli derivanti dalla comunicazione con gli sconosciuti, che possono facilmente celare la propria identità e convincere i ragazzi a compiere azioni pericolose o condizionarne il comportamento.
Esiste poi una serie di problemi legati all’abuso dei dispositivi tecnologici: è difficile per i ragazzi e i bambini autoimporsi dei limiti all’uso di computer e altri device. Perciò servono regole chiare e soluzioni tecniche capaci di garantire il loro rispetto. I bambini e i ragazzi nascono immersi nel mondo digitale e vengono in contatto con le nuove tecnologie in età sempre più precoce: una ricerca Ipsos per Save the Children, divulgata per il Safer Internet Day dello scorso anno, evidenziava come l’età media in cui i ragazzi ricevono il loro primo smartphone sia in continuo calo, dai 12,5 anni del 2015 agli 11,5 del 2017; oltre il 20% dei bambini dispone di uno smartphone personale prima dei 10 anni. E due terzi dei ragazzi intervistati hanno imparato a utilizzare il device senza l’aiuto (e la supervisione) di un adulto.
L’accesso ai dispositivi tecnologici è praticamente universale: il 97% dei ragazzi può utilizzare uno smartphone, 91% ha accesso a un computer, personale oppure di famiglia, e oltre tre su quattro dispongono anche di un tablet. Le attività svolte con questi dispositivi rispecchiano il desiderio di socialità e comunicazione tipico dei più giovani: il 91% dei ragazzi utilizza computer e smartphone per comunicare e l’87% ha almeno un profilo attivo su un social media.
L’analisi ha anche evidenziato che molti ragazzi non si fanno scrupoli nell’aggirare le regole sull’accesso ai social media mentendo sulla propria età e si connettono a Internet sempre più spesso anche fuori dalle mura domestiche. La maggior parte delle comunità online ha infatti regole di iscrizione che escludo in più piccoli, ma non viene svolta nessuna verifica sull’identità dei membri ed è quindi facilissimo aggirare le limitazioni. Per esempio, oltre un quarto degli intervistati aveva meno di 12 anni quando ha aperto il suo profilo Facebook: in teoria il social network non accetta membri di età inferiore ai 13 anni. Ancor più rigide sono le limitazioni di Whatsapp (16 anni) e di YouTube e Flickr, che invece consentono (o sarebbe meglio dire consentirebbero) l’accesso non supervisionato soltanto ai maggiorenni.
Il quadro che emerge da questa ricerca è piuttosto inquietante, anche perché l’esposizione a contenuti inadatti all’età e a comportamenti pericolosi è molto frequente: più della metà degli intervistati si è imbattuta in commenti violenti all’interno di una chat o in un social network, il 30% ha assistito o subito azioni di bullismo e il 44% ha scoperto che un suo contatto non era chi sosteneva di essere. Alla luce di questi dati e di quelli emersi da molte ricerche analoghe svolte in vari Paesi (che mostrano risultati molto simili) è evidente come l’accesso a Internet e l’utilizzo dei dispositivi connessi sia un problema serio, su cui è sbagliato sorvolare.
D’altro canto, non si può neppure pensare di evitare completamente il contatto con il mondo digitale, perché le opportunità di accesso a Internet sono sempre più ampie e una proibizione assoluta rischia da un lato di alimentare la curiosità dei ragazzi e dall’altro di spingerli a muoversi di nascosto, rendendo la supervisione molto più complicata. Non bisogna pensare che sia necessaria una particolare competenza tecnica per garantire ai bambini e ai ragazzi un accesso più sicuro e consapevole; i sistemi operativi e i software dedicati alla protezione dei minori offrono strumenti piuttosto semplici da utilizzare e molto flessibili, capaci di adattarsi alle dinamiche familiari più varie e alle esigenze in continuo mutamento dei ragazzi.
Serve però una presa di coscienza da parte dei genitori e di tutti gli adulti coinvolti nell’educazione dei più giovani: i pericoli esistono, l’abuso è un problema e sono necessarie strategie ben strutturate per trovare il giusto compromesso tra il desiderio di libertà dei ragazzi e quello di protezione degli adulti. (… continuate a leggere sul numero 325 di PC Professionale)