Dati, dati e ancora dati. Le informazioni generate dai tanti dispositivi con i quali ci circondiamo sono davvero tante e per questo motivo la scelta di un sistema di archiviazione evoluto non rappresenta solo una soluzione per gestirle in modo comodo, ma anche per averle a disposizione sempre e comunque nel momento del bisogno. È quindi fisiologico che i sistemi Nas siano diventati così diffusi in campo professionale come in ambito domestico. Scegliere bene un apparato Nas non è semplice, ma se in questo caso la valutazione riguarda in modo predominante le funzionalità offerte, nel caso della scelta dei dischi è necessario andare oltre la sola capacità di archiviazione e comprendere le differenze tra un disco consumer e uno pensato in modo specifico per questo utilizzo
di Michele Braga
La platea dei potenziali utilizzatori di un dispositivo Nas (network attached storage) è davvero ampia: dalla piccola azienda allo studio professionale, fino ad arrivare al singolo utente Soho o a quello domestico evoluto. Fino a pochi anni fa era frequente, e in alcuni casi non del tutto errato, associare il termine Nas al più semplice concetto di disco di rete, ma oggi questa descrizione è quanto mai imprecisa e limitativa. Un Nas moderno è principalmente un server di storage in grado di fornire all’utente tutte i servizi per la gestione centralizzata dello spazio di archiviazione in una rete informatica, ma è in grado di fare molto di più.
Alle funzioni classiche e fondamentali come la condivisione in rete di file e cartelle e l’archiviazione centralizzata dei dati si affiancano servizi evoluti che permettono la connessione remota tramite Vpn (virtual private network), servizi Ftp (file transfer protocol) anche attraverso interfaccia grafica. Con la diffusione dei servizi cloud sono state implementate funzioni per la sincronizzazione automatica con i servizi di storage nel cloud; ancora, alcuni modelli di Nas (anche quelli economici) permettono di installare macchine virtuali e server locali per realizzare e mantenere siti web per lo sviluppo o per i quali non è necessario – in termini di potenza e connettività – affidarsi a un servizio di hosting esterno. Una funzione che ha preso piede con la diffusione delle videocamere di rete a basso costo è quella fornire un server di registrazione per la videosorveglianza.
Insomma, i Nas sono il complemento ideale per una struttura di rete all’interno della quale si gestiscono grandi quantità di informazioni e che deve essere in grado di garantire continuità operativa riducendo al tempo stesso il rischio di perdita dei dati. I dischi, ovvero i supporti fisici sui quali sono scritti, risiedono e sono letti i dati, sono i componenti principali e più importanti di un Nas.Lo stress su questi componenti deriva dal tempo di attività , dal numero di accessi in lettura e scrittura. Anche in ambito domestico lo stress sui dischi può essere elevato se si eseguono frequenti registrazioni (è il caso della videosorveglianza) oppure se si utilizza il Nas come server per lo streaming video.
Sul mercato sono disponibili modelli già equipaggiati di dischi, ma spesso è più vantaggioso acquistare un apparato vuoto e scegliere in modo autonomo i supporti da inserire. Questa operazione implica però che siate voi a effettuare la scelta dei dischi e la successiva configurazione del Nas. La scelta dei dischi è una fase critica: i modelli specifici per utilizzo Nas hanno un costo superiore ma caratteristiche di affidabilità operabilità che i modelli standard non garantiscono. In questo articolo vi presentiamo una veloce carrellata sui livelli Raid (reduntant arrays of indipendent disks) più utilizzati con dispositivi Nas da due o quattro vani (dischi) e la prova dei dischi Toshiba N300 pensati in modo specifico per l’utilizzo Nas.
I dischi giusti
I dischi non sono tutti i uguali e non intendiamo solo per capacità di archiviazione o prestazioni pure. I modelli per un utilizzo desktop sono progettati per ottimizzare i consumi o le prestazioni, mentre non sono pensati per l’operatività 24×7, ovvero continuativa dal momento dell’accensione. Per garantire un tale livello di affidabilità sono necessari materiali, soluzioni tecniche hardware e software differenti da quelle impiegate in ambito consumer e che non sempre permettono di ottenere il minor consumo energetico, la maggiore densità di registrazione per piatto e le migliori prestazioni in termini assoluti.
Quello che sì ottiene scegliendo un disco pensato in modo specifico per i Nas è una maggiore affidabilità nel tempo e la capacità di operare in configurazioni dove più dischi lavorano in spazi ristretti e dove la temperatura e le vibrazioni possono essere fonte di malfunzionamenti.
Il nostro consiglio, quindi, è di popolare sempre un Nas con dischi pensati in modo specifico per questo utilizzo, in modo particolare se il Nas opera in modo continuativo.
I livelli Raid
Le catene Raid più diffuse in ambito domestico o del piccolo ufficio sono quelle che utilizzano i livelli o schemi base 0, 1 e 5. Tali soluzioni consentono di sfruttare i dischi presenti per incrementare le prestazioni e garantire l’accessibilità alle informazioni in caso di malfunzionamento di un disco (ad eccezione del Raid 0). A fianco delle catene Raid che utilizzano schemi di tipo base, esistono soluzioni – definite come livelli nidificati – che combinano più livelli Raid tra loro, come ad esempio il livello 10; in questo caso la catena Raid è generata utilizzando come elementi base non i singoli dischi, bensì altre catene Raid con lo scopo di migliorare le caratteristiche di sicurezza e prestazioni dell’intero sistema. La notazione standard prevede l’utilizzo di un numero che identifica la struttura della catena con una sequenza di cifre a partire dal livello Raid più nidificato, a salire fino a quello più esterna; in alternativa è possibile utilizzare una notazione con le cifre separate dal simbolo “+”.
I rischi di un Raid degradato
Tutte le strutture Raid che sopportano il guasto di una o più unità disco permettono di accedere in modo continuativo ai dati, ma richiedono una manutenzione tempestiva. Ritardare la sostituzione di un’unità danneggiata espone al rischio concreto di perdere in modo irreversibile l’intero archivio di informazioni, in quanto una catena Raid degradata – a meno che non si considerino livelli nidificati che sopportano più guasti in simultanea – non offre più la protezione contro ulteriori guasti.
L’utilizzo di un disco di spare, sebbene permetta di iniziare subito la ricostruzione dei dati presenti sul disco non funzionante, non deve trarre in inganno: il processo di ricostruzione di un disco di grandi dimensioni può richiedere parecchie ore e durante questo intervallo di tempo l’affidabilità dell’intera catena Raid è compromessa. Per questo motivo è consigliabile creare e aggiornare con sufficiente frequenza una copia di backup dell’intero archivio o perlomeno dei dati sensibili. Durante la fase di ricostruzione dei dati è consigliabile, inoltre, limitare il numero di accessi alla catena Raid per non rallentare il processo di riparazione.
Una buona politica di prevenzione per catene Raid di dimensioni contenute è quella di avere a disposizione almeno un disco di emergenza, anche nel caso di soluzioni che prevedono la presenza di un disco di spare. (…)