di Valerio Pardi
Canon e Nikon “sono” sostanzialmente il mercato delle reflex, soprattutto quelle di fascia medio alta. È naturale quindi l’interesse scaturito tra gli appassionati al lancio delle due nuove D-slr prosumer con sensore full-frame, la Eos 5D Mark III e D800 / D800E, in grado di soddisfare tanto le esigenze del professionista quanto le ambizioni del fotografo amatore più evoluto. Rispetto alle reflex con sensore in formato Aps o Dx, le full frame permettono generalmente una qualità migliore – in quanto stressano meno la qualità delle ottiche – e sono in grado di compensare maggiormente forte differenze di illuminazione (gamma dinamica) oltre a poter utilizzare sensibilità elevate con risultati comunque molto buoni. Hanno corpi che possono sopportare un lavoro professionale, ma sono più pratici e leggeri di una ammiraglia. Per questo motivo sono fotocamere molto ambite anche dai fotoamatori evoluti, che possono così utilizzare uno strumento professionale, a un prezzo e con una praticità più indicate all’uso che ne faranno.
Canon Eos 5D Mark III e Nikon D800 / D800E sono due D-Slr che offrono oggi la miglior tecnologia disponibile in fatto di qualità d’immagine e praticità d’uso. Sostituiscono la precedente generazione, ovvero Canon Eos 5D Mark II e Nikon D700, introducendo però importanti evoluzioni. Non siamo quindi di fronte a un semplice restyling di due modelli di grande successo, ma a una vera e propria risposta alle esigenze dei fotografi maturate nel corso degli anni.
Su entrambi i versanti, Canon e Nikon, i fotografi e amatori evoluti, pur apprezzando le due fotocamere della scorsa generazione, lamentavano alcune carenze. Infatti se da un lato la Canon Eos 5D Mark II offriva una risoluzione elevata e ambita per l’epoca, risentiva di un sistema autofocus un po’ sottotono. Anche il livello di rumore del sensore risultava troppo invadente, considerando le dimensioni del Cmos utilizzato (24 x 36 mm). Due caratteristiche queste invidiate alla rivale Nikon D700, che invece poteva offrire un sistema autofocus di elevata qualità – il medesimo dell’ammiraglia D3 – e un sensore con un rumore ben controllato anche ad alti Iso. Sull’altro fronte, i fan del marchio Nikon avevano ripetutamente espresso il desiderio per un sensore di maggior risoluzione, guardando con bramosia l’eccellente sensore, sotto questo aspetto, della Canon Eos 5D Mark II.
Canon e Nikon, un’evoluzione speculare
A quattro anni di distanza – la precedente generazione risale infatti al 2008 – Nikon e Canon hanno profondamente rivisitato le loro reflex prosumer, cercando di mantenere (o migliorare) i pregi e di limare i difetti.
In casa Canon la terza versione della celebre Eos 5D conferma l’elevata risoluzione del modello precedente, aggiungendo “solo” un milione di pixel, attestandosi così su 22,3 Mpixel totali. Canon, infatti, ha preferito puntare su un ottimo bilanciamento di tutte le caratteristiche della nuova fotocamera, cercando di creare una reflex “universale”, in grado di sapersi districare in ogni contesto fotografico. Il sistema autofocus, forse il più grosso limite della generazione precedente, è stato completamente rivisto e ora è in grado di svolgere compiti ben più impegnativi. Si tratta di un sistema basato su 61 punti con sensibilità che parte da -2 Ev, molto versatile e reattivo, a cui si aggiunge il processore d’immagine Digic 5+, circa 17 volte più veloce della versione Digic 4 utilizzato sulla 5D Mark II.
Nikon invece stravolge il concetto stesso di reflex prosumer, offrendo un corpo macchina con la risoluzione record di ben 36,3 Mpixel, un sistema esposimetrico di nuova concezione e un autofocus ancora più performante rispetto alla versione utilizzato sulla D700. Esposimetro e autofocus sono gli stessi utilizzati sull’ammiraglia di casa Nikon, la D4.
Punto di partenza diverso, ma punto di arrivo molto simile: le due nuove reflex di Canon e Nikon sono infatti molto vicine alle prestazioni delle rispettive ammiraglie. Per Canon è una scelta evidente rispetto a quanto fatto con la Mark II, che è stata forse un po’ troppo limitata su alcune caratteristiche. Per Nikon, come la D700 era una versione più compatta ma simile nelle prestazioni all’ammiraglia del tempo D3, ora la D800E riprende diverse specifiche della nuova D4, aggiungendo anche un sensore completamente nuovo.
L’importanza delle ottiche
Sensori di tale qualità necessitano di ottiche all’altezza. Questa affermazione è concettualmente valida ma nella realtà le cose sono un po’ differenti. Leggendo le caratteristiche di queste nuove fotocamere, e soprattutto considerando i 36,3 Mpixel della Nikon D800, sarebbe lecito pensare di dover abbinare a queste reflex solo ottiche di qualità eccelsa. Il che potrebbe significare dover cambiare il proprio parco ottiche, magari costruito a fatica e con sacrifici nel corso degli anni. Fortunatamente le cose non stanno proprio così. In pratica, tutte le ottiche che abbiamo potuto testare con queste fotocamere hanno mostrato un aumento di prestazioni generali, soprattutto per l’aspetto di pura risoluzione, ovvero di dettaglio evidenziato.
Considerando il sensore della D800, il più esigente delle due fotocamere in prova, abbiamo potuto verificare come obiettivi che pensavamo quasi alle corde con il precedente sensore da 12,1 Mpixel della Nikon D700, abbiano riacquistato vigore abbinati a un sensore così risoluto.
Nessun obiettivo ha offerto prestazioni inferiori se montato sulla D800 rispetto a sensori ben meno esigenti. Ovviamente, nel caso di ottiche particolarmente valide, i risultati raggiungono livelli talmente alti che il limite, eventualmente, è trovare un sistema di stampa che non penalizzi le informazioni raccolte dall’accoppiata obiettivo/fotocamera. Quindi, sì, ottiche di prestigio possono fare la differenza se accoppiate a sensori di elevata risoluzione e sono certamente la soluzione migliore per sfruttare al meglio queste fotocamere, ma ogni obiettivo, di buona qualità , può offrire un altrettanto valido contributo, con la possibilità che possa anche sorprendere per le doti qualitative mai scoperte prima. (…)
Estratto dell’articolo pubblicato sul numero 256 luglio 2012