di Simone Zanardi
Videocamere, software di gestione, registratori digitali: i sistemi di sorveglianza stanno gradualmente migrando verso le soluzioni basate sul protocollo Ip. Scopriamo lo stato dell’arte.
I sistemi di videosorveglianza si sono basati per anni su dispositivi analogici; la cosiddetta Tv a circuito chiuso (Cctv) sfrutta telecamere connesse a monitor attraverso collegamenti coassiali, eventualmente tramite appositi apparati di commutazione e multiplessaggio che permetto di monitorare più sorgenti dalla stessa postazione. Anche la registrazione delle immagini è stata a lungo demandata a dispositivi analogici, ad esempio su nastro. L’avvento delle tecnologie digitali sta rapidamente cambiando questo settore, introducendo telecamere in grado di riprendere immagini a qualità superiore, registratori più efficienti e gestibili e software di controllo ancora più potenti. L’aspetto più interessante della digitalizzazione è però legato all’infrastruttura di comunicazione: la videosorveglianza sta progressivamente sposando la convergenza su reti Ip (Internet Protocol), che permette di collegare tutti i dispositivi sfruttando reti Lan e Internet, oltre a trasformare gli apparati in veri e propri computer che possono interagire con le altre applicazioni informatiche.
Secondo uno studio effettuato da Ims Research, nel corso del 2013 i prodotti video basati su Ip sorpasseranno le attrezzature analogiche in termini di vendita. Il parco macchine installato si sta di conseguenza progressivamente spostando verso le nuove architetture digitali. La videosorveglianza su Ip apporta del resto numerosi benefici rispetto all’analogico in tutti i campi di applicazione: la pubblica amministrazione, ad esempio, può risparmiare sui costi infrastrutturali potendo sfruttare le reti già predisposte per i collegamenti dati, mentre l’analisi digitale delle immagini consente non solo di proteggere il territorio contro atti vandalici, ma anche di eseguire statistiche a partire dall’elaborazione dei flussi video, conteggiando ad esempio l’ingresso e l’uscita di persone dalle diverse aree monitorate.
Vantaggi competitivi analoghi sono disponibili alle aziende di medie e grandi dimensioni, che possono inoltre implementare sistemi evoluti di gestione dei processi industriali, ad esempio integrando le tecnologie video con Rfid, reti di sensori e telefonia.
Le realtà Smb sono invece avvantaggiate dalla maggior scalabilità delle strutture basate su Ip, oltre che dalla riduzione dei costi di gestione del cablaggio o, in alternativa, dalla possibilità di sfruttare collegamenti wireless.
Gli esercizi commerciali o le aziende che partecipano a manifestazioni fieristiche possono sfruttare gli impianti video non solo per la sorveglianza e il controllo antifurto, ma anche per il monitoraggio evoluto del punto vendita, con analisi delle aree di esposizione più frequentate da parte dei clienti o controllo degli approvvigionamenti.
Persino a livello domestico, i sistemi basati su Ip sono vantaggiosi rispetto alle soluzioni analogiche: trasformandosi in un vero e proprio computer, una videocamera può infatti costituire un sistema di sorveglianza stand-alone, collegato a Internet e quindi accessibile da qualsiasi computer, tablet o smartphone, anche da remoto, il tutto al costo di poche decine di euro.
Le videocamere
Un apparato di videosorveglianza Ip è una struttura composta da più elementi; quelli più importanti restano le videocamere, che rappresentano gli occhi del sistema. Scegliere una camera di sorveglianza non è impresa semplice, visti gli innumerevoli fattori che la possono caratterizzare.
Nel caso di una struttura con più punti ripresa, è spesso necessario ricorrere a modelli di telecamere diversi, ciascuno adatto alla specifica zona da tenere sotto controllo.
Un primo elemento da considerare è l’angolo di visione dell’obiettivo: senza entrare in dettagli di ottica che non rientrano negli scopi di questo articolo, ricordiamo che essenzialmente si possono distinguere obiettivi ad angolo normale, teleobiettivi (angolo ridotto per riprese a lunga distanza) e grandangolo (meno dettagliato ma con un angolo di campo maggiore), fino ad arrivare al cosiddetto fisheye (in grado di riprendere con inquadratura fissa un ambiente a 360 gradi. Gli obiettivi fissi possono produrre un unico angolo di campo, mentre i varifocali modificano la propria lunghezza focale e quindi l’angolo di visione. Ricordiamo infine che esistono videocamere di sorveglianza con obiettivi intercambiabili proprio come su una normale fotocamera digitale; in questi casi è importante considerare il formato di aggancio del gruppo ottico (tipicamente C o CS).
Per esigenze di inquadratura particolari, possono poi tornare utili le videocamere motorizzate. In questo caso il gruppo ottico o l’intero apparato è montato su un supporto con brandeggio. In questo modo si può di variare l’inquadratura a distanza. Il movimento può essere gestito dal personale addetto o impostato in automatico per seguire determinati pattern (sequenze di inquadrature prefissate). Il controllo remoto è utile non solo a variare l’orientamento della telecamera, ma anche ad adattare lo zoom nel caso di obiettivi varifocali.
Oltre all’angolo di inquadratura, un altro elemento chiave nella scelta della fotocamera è legato allo stato di illuminazione degli ambienti che devono essere ripresi. I dispositivi base sono infatti in grado di registrare immagini provenienti da scene ben illuminate, mentre al calare della luce catturata dal sensore cresce il rumore di fondo sul video fino a che l’immagine diviene di fatto inutilizzabile.
L’illuminazione di un ambiente è espressa in lux: un’ambiente aperto in pieno sole presenta un’illuminazione nell’ordine di grandezza dei 10.000 lux, mentre un interno con illuminazione artificiale standard produce circa 500 lux. Scendendo sotto i 100 lux si identificano gli ambienti “a scarsa illuminazione”. Tra le specifiche di una videocamere vi è la sensibilità alla luce, anch’essa espressa in lux: una videocamera con una sensibilità di 1 lux può, sulla carta, operare in ambienti illuminati con luce fioca (torcia elettrica o candela). Se volete riprendere un ambiente poco illuminato potete ricorrere a diverse soluzioni. La prima è la più banale: dotarlo di illuminazione artificiale indipendente dall’apparato di sorveglianza ma che permette alle videocamere installate di operare correttamente.
In alternativa, potete ricorrere all’illuminazione a raggi infrarossi: gli obiettivi delle videocamere sono generalmente impostati per catturare lo spettro di luce visibile all’occhio umano, ma determinati modelli possono catturare anche le lunghezze d’onda inferiori al visibile.
In questo caso è comunque necessario che la scena ripresa sia “illuminata” da lampade a infrarosso. Alcune videocamere per riprese in notturna integrano gli illuminatori Ir ai lati dell’obiettivo, mentre in altri casi si appoggiano a luci infrarosse esterne da installare separatamente.
In situazioni estreme si può poi ricorrere alle videocamere con obiettivo termico: questi modelli sono in grado di registrare le mappe di calore emesse dagli oggetti e tradurle in immagini, una funzione utile non solo al buio ma anche in caso di nebbia o altri fattori che bloccano la vista tradizionale.
Quando si parla di videosorveglianza, la risoluzione delle immagini catturate è un fattore chiave, ma deve sempre essere correlato ad altri parametri altrettanto significativi come il tipo di scansione e la frequenza di cattura dei quadri. (…)
Estratto dell’articolo di 15 pagine pubblicato sul numero di ottobre 2012