La prova di tredici modelli di fascia media e alta: come mettere il turbo al vostro desktop o notebook, anche spendendo meno di 200 euro.
di Davide Piumetti
Per la prima volta nella storia dell’informatica siamo di fronte a un punto di rottura netto con il passato prestazionale dei dispositivi di archiviazione. I dischi allo stato solido rappresentano ormai il futuro del settore permettendo entro qualche anno di avere a disposizione capacità notevoli in grado di ospitare grandi moli di dati e trasferirli a velocità impossibili per i dischi magnetici. Il punto di rottura deriva proprio dalla grandissima differenza prestazionale tra questi due “mondi” tecnologici, con i dischi allo stato solido in grado di offrire velocità di trasferimento in molti ambiti superiori di oltre cento volte rispetto ai vecchi modelli. I dati reali sono impietosi per i “vecchi” dischi meccanici, nei trasferimenti di dati non sequenziali i migliori Ssd offrono tra 200 e 500 Mbyte/s, mentre un disco notebook classico tra 0,6 e 40 Mbyte/s. Il numero di operazioni al secondo effettuabili in lettura casuale offre un dato ancora più impressionante: 56.000 per i migliori Ssd e solo 150 per un disco tradizionale. Nei test che approfondiremo nel seguito un altro dato mostra come passare da un disco meccanico a uno allo stato solido cambi il modo di lavorare: sul nostro sistema di test l’avvio del sistema operativo richiede 58 secondi con un disco tradizionale, e solo 8 con un Ssd di ultima generazione.
Se i dischi magnetici, per via delle latenze meccaniche che li contraddistinguono, hanno sempre rappresentato un grande collo di bottiglia per il restante hardware elettronico; tanto da rendere d’obbligo l’adozione di architetture Raid nei sistemi più potenti come server e workstation, gli Ssd di ultima generazione risolvono completamente il problema, essendo in alcuni casi addirittura frenati dai restanti componenti installati su un comune Pc.
Le caratteristiche chiave degli Ssd sono la rapidità di accesso ai dati e la capacità di gestire senza intoppi anche file suddivisi in porzioni non fisicamente vicine, cosa che per un disco tradizionale risulta difficile per via della latenza nel movimento dei suoi elementi. Dal punto di vista pratico l’esperienza d’uso offerta da un sistema dotato di Ssd o disco tradizionale è molto diversa; un Ssd è in grado di accedere a dati paralleli molto più velocemente, tanto da permettere l’apertura di più programmi insieme senza rallentamenti. Spesso i tentennamenti di un personal computer, che incrementa il proprio tempo di risposta dopo alcuni comandi (come aprire un software, una cartella o salvare un documento) non sono dovuti come si tende a credere alla poca potenza resa disponibile dal processore, ma alle difficoltà di un disco tradizionale.
Utilizzando un Ssd è tutto più fluido, più veloce e con una risposta immediata ai comandi, tanto da far supporre ai più di trovarsi di fronte a un sistema dotato di una potenza elaborativa molto superiore a quella reale. Difficilmente dopo aver provato un sistema dotato di Ssd l’utente sceglierà qualcos’altro in futuro, la percezione di velocità e fluidità è tale da iniziare spesso a chiedersi come si riuscisse a lavorare “prima”.
In queste pagine ci concentreremo sull’analisi dei dischi Ssd di ultima generazione, la prima ad adottare lo standard di connessione Sata 3 da 6 Gbit/s e in grado di spingersi spesso ben oltre i 500 Mbyte/s effettivi. Abbiamo voluto porre l’attenzione su modelli da 120 Gbyte, un taglio sufficiente per la maggior parte degli utilizzi e con costi ormai accessibili. (…)