I wearable Pc hanno tenuto banco al Ces di Las Vegas. Ma sono veramente utili o sono solo un fuoco di paglia?
Analizzando le tante novità presentate al Ces di Las Vegas possiamo estrapolare alcune linee di tendenza. Ricordo che, come specificato dall’acronimo (Consumer Electronic Show), il Ces è la più importante fiera mondiale dedicata ai prodotti consumer e non professionali, per cui difficilmente vi si possono scoprire nuovi trend su notebook o prodotti di networking. Ma, come tutti voi ben sapete, sotto la voce consumer ci sono anche prodotti che sono normalmente usati in ambito professionale, come tablet e smartphone. Nella pagine dedicate alle news trovate la nostra selezione delle soluzioni più interessanti viste al Ces. Linee di tendenza, abbiamo detto. La prima riguarda il settore dei televisori: dopo il fiasco del 3D tutti i produttori stanno puntando sul 4K, ossia sui Tv con risoluzione quattro volte quella del Full HD. Non sono una novità , visto che i primi prodotti 4K erano comparsi già al Ces dello scorso anno.
La notizia riguarda la drastica riduzione dei prezzi: entro la fine del 2014 un 4K costerà come un top di gamma Full HD. Avranno successo? Ora come ora c’è il problema dei contenuti, ossia programmi televisivi e film che si potranno vedere sfruttando l’altissima risoluzione. Al momento in Europa non ci sono trasmissioni televisive in 4K (anche se qualche operatore ha annunciato la possibile trasmissione in questo standard delle partite del campionato mondiale di calcio). Insomma, se i contenuti sono “solo” Full HD l’elettronica del Tv esegue l’upscaling del segnale, ma non è sicuramente lo stesso risultato ottenibile con un contenuto nativo 4K.
La seconda tendenza emersa dal Ces riguarda il wearable computing, ossia tutti quei prodotti che non sono Pc, smartphone o tablet ma hanno sensori e processori, si indossano e svolgono funzioni utili, andando a soddisfare alcune nostre esigenze. Criptico, vero? Criptico perché nella voce wearable computing rientra una casistica ampia di oggetti, dagli smartwatch ai braccialetti per il fitness, ai sensori per monitorare le funzioni vitali di neonati o anziani. È un settore talmente in crescita che anche Intel ci ha messo un piede annunciando Edison, un vero e proprio computer dalle dimensioni una schedina Sd, destinato ai produttori di hardware che intendano sviluppare tecnologie wearable. Una manciata di prodotti sono già disponibili da tempo, come gli smartwatch di Sony o Samsung, o il flessibilissimo Pebble, e come i bracciali per il fitness di Jawbone o di FitBit.
Ma sono oggetti che servono? Sono veramente utili? Parto dall’esperienza personale, essendo un fortunato possessore di uno smartwatch Pebble (scelto non a caso perché l’unico attualmente compatibile con smartphone sia Android sia iOs). Questi oggetti diventano utili, o addirittura indispensabili, se si trova la “killer application”, quell’applicazione che risolve un’esigenza particolare e personale, e perciò non generalizzabile. Per esempio, ci sono due applicazioni che trovo utilissime e che per me hanno giustificato l’acquisto dello smartwatch. Innanzitutto le notifiche. Sono in riunione, tengo il cellulare in modalità silenziosa e se arriva una telefonata vedo immediatamente sullo smartwatch il nome di chi sta chiamando e posso decidere cosa fare. Vedo anche i messaggi Sms e i WhatsUp che mi arrivano, sempre senza dover accedere al mio terminale. Tengo però disattivata la notifica delle email, perché ne ricevo diverse centinaia al giorno e avrei il cellulare scarico in poche ore e il braccio indolenzito per le vibrazioni.
La seconda funzione per me importante è legata alla musica. Vi siete mai accorti che molte delle migliori cuffie a cavo con microfono non sono completamente compatibili con gli smartphone Android? Con iPhone sì, ma con Android no. O almeno, permettono di far partire la riproduzione di un brano o di metterlo in pausa, ma non funzionano i comandi del volume e spesso anche quelli per avanzare o arretrare di un brano. Le cuffie migliori poi non hanno microfono e tasti per i comandi remoti. Dal mio Pebble non solo posso modificare il volume e intervenire sul brano in ascolto, ma vedo anche le informazioni sulla canzone in riproduzione senza dover accedere allo smartphone. Insomma, questa nuova generazione di prodotti indossabili non brilla certo per estetica ma, secondo me, sui tratta di oggetti veramente utili e avranno un futuro.
Giorgio Panzeri