Il cryptomining è un’operazione lunga, ma molto redditizia: è un’operazione che richiede molta potenza di calcolo per essere portata a termine, e ha a che fare con la sicurezza delle transazioni effettuate in criptovaluta. Semplificando estremamente, uno o più miner lavorano, attraverso un software installato sui loro computer, per trovare determinate stringhe di codice all’interno di “blocchi” di dati che ricostruiscono le transazioni recenti: il primo miner o gruppo di miner che riesce a trovare la stringa corretta, viene ricompensato con un numero di criptomonete prestabilito.
Siccome in tempi recenti l’interesse per le criptomonete è aumentato notevolmente, è aumentato anche il numero di utenti dediti al cryptomining, con la conseguenza che questa pratica è diventata più complessa (perché ovviamente, più persone sono intente a trovare il codice giusto, più difficile diventa riuscirci). Per ovviare alle difficoltà che questo crea, diversi hacker hanno cominciato a infettare computer altrui, per approfittare della potenza di calcolo di questi e sveltire il processo.
Secondo il rapporto di Check Point Software Technologies, basato sul secondo semestre del 2017, un’azienda su cinque è stata infettata da un malware per il mining di criptovalute, arrivando a perdere per questa ragione fino al 65% della CPU disponibile sui propri apparecchi.
Proprio in questi giorni, la stessa Check Point Software Technologies ha dichiarato di aver scoperto un’operazione di mining malevolo, proveniente probabilmente dalla Cina, operata a danno dei server di Jenkins, uno strumento open source di integrazione continua per lo sviluppo di software. L’attacco, condotto attraverso la vulnerabilità Java CVE-2017-1000353, potrebbe essere il più grande mai lanciato a questo scopo, avendo fruttato all’autore oltre 3 milioni di dollari in 18 mesi; inizialmente i target sarebbero stati dei computer privati, e solo in seguito l’hacker avrebbe deciso di rivolgere la propria attenzione ai più potenti server di Jenkins.
Questo tipo di attacchi, stando ancora a quanto riportato da Check Point Software Technologies, proseguirà nel tempo, continuando a rappresentare una delle più rilevanti minacce online, nonostante il calo di valore vissuto dai Bitcoin in tempi recenti.